venerdì, Maggio 09, 2025 Anno XXI


da iltempo.it

I dirigenti non contestano il boemo per le esclusioni del mediano e di Osvaldo, ma la frattura è iniziata prima: il giocatore non crede nel progetto-giovani

Zdenek ZemanLa Roma, intesa come società, non ha alcun appunto da muovere a Zeman dopo le clamorose decisioni di domenica: De Rossi e Osvaldo prima in panchina e poi accusati di scarso impegno. Né Sabatini né Baldini hanno preso parola, ma se lo avessero fatto (e prima o poi dovranno farlo), non potrebbero che ribadire la totale fiducia nel tecnico scelto la scorsa estate. Quindi, se lui ritiene che qualcuno non si allena come dovrebbe o non lo soddisfa durante una partita, è liberissimo di lasciarlo fuori, qualsiasi sia il cognome e lo stipendio. Il ragionamento non fa una piega. Il problema, nel caso specifico, è la «pesantezza» di uno dei due giocatori coinvolti. De Rossi, il più pagato dal club e il più amato dalla gente insieme a Totti, quello che molti allenatori hanno spesso definito un esempio per i giovani. Lo stesso, a dire il vero, che un anno fa a Bergamo è finito in tribuna per un ritardo alla riunione tecnica. Con Luis Enrique fu un incidente di percorso, la speranza della Roma è che accada lo stesso con Zeman. Perché se l’allenatore va difeso in tutto e per tutto, «Capitan Futuro» è un patrimonio e una risorsa tecnica indiscutibile. Ma la ferita da curare stavolta è profonda. De Rossi ha incassato il colpo durissimo senza replicare. Potrebbe farlo nei prossimi giorni dal ritiro della Nazionale, anche se al momento non è fissata una conferenza stampa, «perché si parlerebbe solo di una cosa» ha spiegato arrivando a Coverciano. Lo descrivono ferito, arrabbiato. Di sicuro per lui è una situazione nuova. Che parte però da lontano. De Rossi non è mai stato in piena sintonia con la Roma di oggi. Il progetto giovani lo convince fino a un certo punto. Non lo ha mai nascosto ai dirigenti, neppure all’inizio della scorsa estate quando il mercato era nel pieno. Lui che i ragazzi dovrebbe guidarli, preferirebbe giocare in una squadra più «pronta». È rimasto in giallorosso per arrivare allo scudetto che gli manca, «perché se me ne vado e la Roma vince mi ammazzo», ma i dubbi restano e sono rafforzati dall’ennesimo avvio balbettante di stagione. Suo e della squadra. Nelle ultime due estati poteva andarsene al City, se lo avesse chiesto con fermezza i dirigenti probabilmente lo avrebbero lasciato andare, ma alla fine ha prevalso la voglia di riprovarci qui. Magari una proposta del Real Madrid o del Barcellona avrebbe cambiato lo scenario: De Rossi non ha mai pensato di andare a Manchester. Eppure l’impressione è che qualcosa lo lasci sempre insoddisfatto e limiti il suo rendimento in campo: per trovare un’intera stagione giocata a livelli «da De Rossi» bisogna tornare ai tempi di Spalletti. Da allora un continuo di alti è bassi, ma in campo ci è sempre andato con qualsiasi allenatore. Appena 22 le partite saltate dal 2009 ad oggi, domenica scorsa la prima per una chiara scelta tecnica di Zeman. Un allenatore che sin dall’inizio non lo ha convinto, come ha raccontato in prima persona. Lui, fra i più delusi dall’addio di Luis Enrique, avrebbe preferito la «normalità» di Montella. Del boemo non condivide i metodi di allenamento duri e la visione tattica: lui si sente un mediano centrale, il tecnico lo vede intermedio. I due si sono scontrati dialetticamente dopo il tonfo di Torino e il caso sembrava chiarito nel colloquio che hanno avuto davanti a tutta la squadra martedì scorso. In quella circostanza De Rossi ha spiegato di non avercela con l’allenatore, semmai si è detto un po’ perplesso sull’effettiva capacità di alcuni giocatori di adattarsi al 4-3-3 zemaniano. «Ma io allo scudetto ci voglio credere come lei», ha aggiunto. Evidentemente nei giorni successivi di allenamento non ha trasmesso questa impressione. Osvaldo idem. La parentesi azzurra li aiuterà a scaricarsi, con Zeman si rivedranno mercoledì 17. Intanto parlano gli altri. «L’accusa fatta dal boemo è pesante – spiega Prandelli – per puntare sull’orgoglio e sulla professionalità di chi vuole dimostrare il contrario di quell’accusa. Qui in nazionale De Rossi e Osvaldo sono sempre stati disponibili, capaci di allenarsi anche due volte al giorno. Ma ogni tecnico ha le sue ragioni, il polso della squadra. Conoscendolo, potrebbe essere una provocazione». «Sto con De Rossi tutta la vita – ha detto invece il sindaco di Roma Gianni Alemanno – Zeman ha tutto il nostro rispetto, ma Daniele è la nostra speranza, rappresenta la nostra città»