venerdì, Luglio 04, 2025 Anno XXI


Il primo effetto del regolamento sul fair play e stato quello di far scappare i giocatori. Verrebbe da sorridere se ad essere coinvolti non fossero dei bambini che a cinque anni, a detta dei loro genitori, più che pensare a divertirsi e sorridere dietro a una palla devono pensare agli schemi e magari se la tattica non basta a stendere con un fallo il loro avversario.

«Ma io a questo tipo di logica non ci sto». Replica a muso duro Salvatore Scarlata, direttore sportivo dell’US Tavernola, decimata da quando a settembre ha imposto a ogni ragazzo di firmare un codice etico in cui si afferma un concetto lapalissiano, ovvero che il calcio è pur sempre un gioco.

«Per tanti genitori purtroppo non è così – prosegue l’indomito Ds – hanno i figli che magari giocano nei pulcini eppure si arrabbiano con l’allenatore perché non insegna gli schemi o secondo loro fa giocare male la squadra». Pensare che a questa età i bambini non giovano neppure in undici in squadra ma solo in sei, eppure per gli emuli di Oronzo Canà dovrebbero già essere degli esperti di fuori gioco e pressing a tutto campo. «In questi anni ho assistito a delle scene incredibili – prosegue il dirigente del Tavernola – genitori che aggredivano gli arbitri e scatenavano risse, magari per normali situazioni di gioco che in campo non avevano provocato alcuna reazione.

È per questo che abbiamo varato questo codice etico che non vale solo per i ragazzi ma anche per tutti i componenti della nostra società. Qui siamo tutti volontari e la nostra passione è il gioco del calcio e vedere tanti ragazzi che magari non diventeranno campioni ma di sicuro grazie allo sport persone migliori». Almeno finché a mettersi di mezzo non sono i genitori hooligan che di fronte al regolamento, quasi fosse un affronto, hanno preferito prendere i figli e spostarli altrove.

«Così ci siamo trovati con le squadre dimezzate, addirittura in alcune categorie non saremo neppure in grado di fare una squadra. Penso ai pulcini che sono rimasti appena in una decina, agli esordienti che sono rimasti solo in sette. Pur di non sottostare a un regolamento che vietava di dire parolacce ai compagni di squadra e agli avversari e imponeva il rispetto e la sportività hanno accettato di andare a giocare in altre società dove i loro figli, molto probabilmente, rimarranno buona parte del campionato in panchina». All’US Tavernola sanno che li aspetta un anno di transizione, ma sperano di rifarsi già a dicembre, quando la Federazione riaprirà la possibilità di iscrivere nuovi tesserati.

«Spero che arrivino tanti nuovi ragazzi – conclude Salvatore Scarlata – da noi il calcio è prima di tutto un gioco che deve divertire e aiutare a crescere. È per questo che nelle nostre squadre, specie tra i più piccoli, tutti giocano e la panchina la si fa un po’ per uno. Francamente preferisco avere le squadre non iscritte al campionato che certi genitori che ci portavano solo guai con il loro comportamento antisportivo sugli spalti». Anche per loro occorrerebbe il Daspo, come nel calcio dei grandi campioni che forse neppure lo sarebbero diventati con dei genitori così.

di Roberto Canali

[Fonte: Il Giorno]

Per Corederoma
Paolo Nasuto