mercoledì, Giugno 25, 2025 Anno XXI


Distratti (che meraviglia) dai Giochi, si rischiava di dover accettare tutto. Anche che nessuno spiegasse per bene il meccanismo che aveva portato la procura della federcalcio a proporre i patteggiamenti di ieri, così diversi da quelli di giugno. Dalla sproporzione generalizzata (cioè, per essere subito chiari: non si parla del solo Conte) delle richieste di Palazzi tra il primo e il secondo processo, è emersa invece una sola verità, quella che ha provocato il devastante no del giudice Artico al momento di ratificare l’accordo: la totale arbitrarietà con la quale Palazzi sta gestendo il proprio ruolo di accusatore nei processi sulle scommesse. I patteggiamenti? Oggi valgono tre mesi di sconto, ieri ne valevano sei, domani ne varranno uno, dopodomani chissà. Artico, che fa il giudice, ha chiarito che così nessuna giustizia può pensare di essere credibile. E che comunque non avrebbe mai potuto firmare provvedimenti palesemente in contrasto con quelli da lui stesso decisi un mese fa: se il criterio adottato nel patteggiamento per responsabilità oggettiva e omessa denuncia era scontare un terzo della pena, per nessuna ragione si poteva scendere a un quinto, un sesto, un decimo. Di fronte allo sfascio della sua linea, Palazzi dovrebbe ora prendere in seria considerazione l’ipotesi di dimettersi: non lo farà, naturalmente, benedetto da Londra dall’incauto Petrucci che aveva trovato il tempo per esaltarne l’operato. L’odore fortissimo di compromesso che emanavano le scelte del procuratore – d’altra parte confermate da una trattativa pre-processuale a dir poco irrituale – non avrebbe reso giustizia a nessuno: non ai condannati nel precedente. processo, che hanno ottenuto riduzioni di pena inferiori a quelle proposte ieri; non ad Antonio Conte, l’imputato più esposto, che sarebbe stato comunque punito continuando a proclamarsi innocente, senza avere più la possibilità di dimostrarlo; ma soprattutto non a tutti quelli che avevano abboccato ai proclami fieri di Abete e della gente che governa con metodi sommari lo sport italiano da troppi, troppi anni, impastata di una cultura che fa della furbizia e dell’opportunismo l’unica bussola possibile. La vicenda delle scommesse, in fondo, questo ha confermato: dalla sbandierata tolleranza zero dei primi giorni, quando la pressione mediatica era formidabile e le poltrone traballavano, eravamo scivolosamente arrivati al più pragmatico volemose bene, coinciso con l’ingresso della serie A nelle stanze dei processi sportivi, sciaguratamente frazionati in una, due, tre, quattro puntate proprio per aumentare gli spazi di manovra. Sono stanze polverose, vecchie, inadeguate, da rinfrescare al più presto. Per dare la possibilità a chi è innocente di difendersi davvero, senza accettare sotterfugi risibili, e per punire chi è colpevole, ma solo se ci sono le prove. Una giustizia da rifare, togliendola al controllo di fatto di Coni e federazioni, che giudicano pezzi del proprio sistema, senza riuscire ad essere credibili. E si tranquillizzi chi vede tutto attraverso il filtro dei colori della squadra del cuore: ripulire i palazzi di una giustizia ingiusta è una missone di interesse generale. Serve a ridare a chi ama lo sport la possibilità di respirare, non soltanto guardandosi le Olimpiadi.

Repubblica.it

Per Corederoma
Paolo Nasuto