giovedì, Maggio 02, 2024 Anno XXI


Se fossimo a Wengen sulla famosa Lauberhorn in compagnia di Kristian Ghedina ci sentiremmo un pochino più tranquilli.

Stiamo invece qua a Trigoria con Luciano Spalletti e la tranquillità comincia a venire meno.Le sveje, si sa, fanno male e il nostro condottiero, che è opportuno ricordarlo ci ha regalato anche importanti soddisfazioni, ci espone periodicamente a dei rovesci dei quali ciascuno di noi farebbe volentieri a meno.

Il problema vero oggi è che sembra che sia proprio il vate di Certaldo l’unico rimasto al timone di questa procellosa barchetta che è diventata la Roma che, con Franco Sensi ancora in vita, ancorché affidata alle sapienti mani della Dott.ssa Sensi, ci ha fatto illudere di avere a che fare con una torpediniera mentre oggi, che il grande Presidente non c’è più, sembra uno zodiac alla deriva.

Senza partire nella ricerca del capro espiatorio, magari ce ne fosse uno solo, ci piacerebbe intravedere qualcuno in grado di poter suggerire una via d’uscita che non siano i vuoti giri di parole che il nostro ci propina in conferenza stampa e nei pre e post partita.

L’Ambrosiana c’ha fatto un mazzo tanto, ne più e ne meno come l’anno scorso, quando invece di cercare di registrare la situazione dopo un fortunoso pareggio raggiunto con Perrotta, abbiamo lasciato praterie a dispostone degli allora Mancini’s boys che hanno fatto ne più e ne meno quello che hanno fatto oggi gli adepti di Mourinho.

Perché il problema, è inutile nasconderlo, è proprio quello della svolta. Quale quella oggi praticabile?

Ci verrebbe da pensare che una strada percorribile potrebbe quella che azzerasse le sofisticazioni Spallettiane e inchiodasse i giocatori alle loro responsabilità. Un bel sergente di ferro, ignorante come una zappa, al posto di chi invoca il mestolone ed il raspare ma che per ottenere l’uno e l’altro ci mette in mano il tombolo e l’uncinetto.

Si può fare?

Presumiamo di no, ma questo comporterà fino alla fine dell’anno una navigazione a vista che potrebbe già infelicemente risolversi ben prima che l’anno sportivo finisca.

La cosa che più di ogni altra ci perplime è che la costruzione che esce dal Progetto Roselliano, se mai è esistito, è fragile come un traliccio fatto con gli zeppetti dello shangai.

Vogliamo solo provare ad enumerare le condizioni, senza avere l’uzzo di dare anche le soluzioni corrispondenti (a ognuno il mestiere suo).

Si parte dall’autofinanziamento per passare al tetto degli ingaggi, entrambi fortemente condizionati dai risultati sportivi, per passare all’impossibilità di comprare prime scelte di mercato e cercando sempre la soluzione mirabolante che faccia miracolosamente quadrare il cerchio. Sarebbe poi bello e opportuno capire il chi fa cosa, per individuare responsabilità.

In altri termini se nel progetto c’è una società che somiglia, absit injura verbis, molto più all’Udinese che all’Inter o al Milan, dove stanno gli investimenti sui giovani da valorizzare? E dove stanno poi questi giovani?

La Roma sta invece ancora al paradigma del pastorello che portava la ricottina al mercato e in questo forse abbiamo responsabilità precise anche noi tifosi che intravediamo in ogni talento “in fieri” il Maradona del nuovo millennio.

Ancora tre giorni e poi sarà di nuovo resurrezione o sveja.

Quest’anno semo incudine. Menomale che dall’altra parte del Tevere c’avemo na manica de pellegrini.

 

Ad maiora