Categorie FaceBookScritto da Paolo Nasutolunedì, 18 Giugno alle ore 09:46
L’inizio è promettentissimo: “nel Regno Unito la violenza è stata arginata…”; il resto dell’analisi ha il suo fondo di verità ma, come spesso accade, si perde nella generalizzazione e schiaccia la prospettiva, non permettendo di capire a fondo la realtà del fenomeno e facendo un uso del contesto sociale di riferimento che risulta un po’ strumentale.
Se nel Regno Unito la violenza degli hooligan è stata arginata con una serie di leggi ad hoc degli Anni 90, in Argentina il fenomeno è più che mai vivo e articolato, e fino a oggi responsabile della morte di ben 266 persone, di cui 34 minori.
Secondo le stime della Ong Salvemos al fútbol (Salviamo il calcio), tanti sono i tifosi che hanno perso la vita negli stadi argentini in incidenti collegati alle violenze delle temibili barras bravas, i gruppi di ultrà nati nel Paese e diffusi in tutto il Sudamerica.
OTTO TIFOSI MORTI NEL 2012. Solo nel 2012 sono rimasti uccisi negli scontri otto tifosi, l’ultimo si chiamava Daniel Sosa, aveva 21 anni ed è caduto sotto i colpi di pistola della tifoseria rivale davanti allo stadio di Lanús.
Rispetto ai cugini europei, i barras bravas si caratterizzano anche per la gestione di affari come lo spaccio di droga, il pedaggio nei parcheggi intorno allo stadio e il bagarinaggio dei biglietti. Oltre all’alcol e alla violenza, il business.
RAPPORTI OSCURI CON I CLUB. Oltre al business però, questi ragazzi alla ricerca di un’identità, cresciuti nei sobborghi poveri di Buenos Aires, godono della connivenza con le stesse società, e in alcuni casi anche della corruzione della polizia, che offre il suo silenzio in cambio di denaro.
I primi gruppi sono nati negli Anni 60 e ora sono molto vicini alla dirigenza dei club
Fin dagli Anni 60, quando si sono formati i primi gruppi, i barras bravas hanno ricevuto magliette, biglietti da rivendere e finanziamenti da quei funzionari dei club che da un lato volevano assicurarsi il potere all’interno della dirigenza, e dall’altro garantirsi il sostegno dei tifosi nelle trasferte e nelle campagne di abbonamento o altre promozioni.
SOLDI ANCHE DAI GIOCATORI. Un meccanismo mafioso che conta sulla collusione degli stessi giocatori, che in certi casi destinano il 20% della loro busta paga agli ultrà, i quali hanno anche diritto a varie percentuali (fino al 30%) sulla vendita dei giocatori.
I PIÙ VIOLENTI VANNO AI MONDIALI. Nel 2006, un gruppo di dirigenti del River Plate e la barra brava della squadra, i borrrachos del tablón, furono imputati per il reato di amministrazione fraudolenta nel caso della vendita di Gonzalo Higuaín al Real Madrid.
Il gruppo Hinchadas unidas argentinas, tra le cui fila militano alcuni tra i violenti più noti alle forze dell’ordine, costituiva la base dei sostenitori argentini al Mondiale del 2010 in Sud Africa ed era guidato dal kirchnerista Marcelo Mallo. L’opposizione denunciò che il gruppo avesse ricevuto soldi dal governo di Buenos Aires.
Con il 21% del Paese sotto la soglia di povertà, ai barras bravas 18 mila euro l’anno
Le barras bravas agiscono indisturbate dentro e fuori dagli stadi e i loro potentissimi capi arrivano a guadagnare fino a 100 mila pesos all’anno (18 mila euro) in un Paese dove il 21,9% della popolazione – secondo una recente indagine di Uca, Universidad Católica Argentina – vive sotto la soglia di povertà.
Nelle risse tra opposte tifoserie non mancano le armi, anche da fuoco, e il problema della droga è dilagante. La maggior parte dei membri delle barras bravas fa regolare uso di crack e pasta di coca.
LE VITTIME CERCANO GIUSTIZIA. In assenza di un’azione decisiva da parte delle autorità, sono stati quelli toccati da vicino dalla violenza e schierarsi per combatterla.
Liliana de Suárez García, 60 anni, ha fondato l’associazione Familiari delle vittime della violenza nel calcio argentino con la quale denuncia e archivia ogni forma di violenza e di corruzione nel mondo del pallone. Porta sempre al collo la foto di suo figlio Daniel, ucciso a 19 anni davanti allo stadio di Paysandú, in Uruguay, alla fine di Argentina-Cile, partita di Coppa America del 1995.
I RESPONSABILI RESTANO IMPUNITI. Ha combattuto per anni affinché i responsabili venissero assicurati alla giustizia, fino a quando si è trovata al suo fianco decine di altre famiglie colpite da lutti negli stadi.
«Al dolore causato dalla morte, in Argentina si somma quello che viene dall’impunità e dall’indifferenza dei nostri funzionari», ha denunciato in un comunicato la Ong Salvemos al fútbol, «dobbiamo far finta di non vedere o è arrivato il momento di prenderci tutti la nostra responsabilità di cittadini?».