sabato, Luglio 05, 2025 Anno XXI


Ci sono film che nei cinema durano poco, ne senti parlare pochissimo e non verranno mai trasmessi in televisione, se non in seconda o terza fascia. E’ il caso di Diaz per esempio. Ma anche di “Romanzo di una strage”. Sono film scomodi, che rischiano di far aprire gli occhi a molta gente su alcuni spaccati della storia del nostro paese che invece lo stato vorrebbe sepolti. E che gli italiani stessi preferiscono non ricordare: non a caso mentre mezza Europa si incazza e scende per strada, da queste parti spopolano i cinepanettoni, i “Natali in figadellamadonna”, i grandi fratelli, le isole dei famosi. Non è un caso, c’è un progetto preciso secondo il quale la gente, gli elettori, il cittadino medio, meno cose sanno e meglio è.

Eppure certi libri e certi film dovrebbero essere non solo alla portata di tutti, ma anche proiettati nelle scuole. Alle medie, per tre anni di seguito mi hanno costretto a vedere “Il Diario di Anna Frank”, alle superiori per due volte “Schindler’s List”; e con me a molti altri, col risultato che hanno prodotto una generazione di “antisemiti per sfinimento”. Eppure non si conosce la storia di casa nostra, ciò che è successo pochi anni fa, quando eravamo piccoli e non possiamo ricordare. E che i nostri genitori non ci possono raccontare con obiettività perchè male informati.

“Romanzo di una strage” è uno di quei film che andrebbero proiettati nelle scuole. Parla di un evento che ha sconvolto la vita del paese, ma di cui si cerca sempre di parlare molto poco, o di parlarne a comodo: la strage di Piazza Fontana a Milano! Dopo piazza Fontana l’Italia non sarebbe più stata quella di prima.

Milano, 12 dicembre 1969. Alle 16,37 in piazza Fontana un’esplosione devasta la Banca Nazionale dell’Agricoltura, ancora piena di clienti. Muoiono diciassette persone e altre ottantotto rimangono gravemente ferite. Nello stesso momento, scoppiano a Roma altre tre bombe, un altro ordigno viene trovato inesploso a Milano. E’ evidente che si tratta di un piano eversivo. La strage di Piazza Fontana inaugura la lunga stagione di attentati e violenze degli anni di piombo. Attorno a questa storia si svolge la vicenda del commissario Calabresi, dirigente dell’Ufficio Politico della Questura di Milano, chiamato in prima persona ad occuparsi della strage, che rimane coinvolto suo malgrado nella misteriosa morte di Pinelli, un anarchico con cui aveva un rapporto cordiale che finisce giù dal secondo piano della questura durante un interrogatorio. Le polemiche che ne seguiranno, ed il tentativo degli organi statali di insabbiare il tutto, porteranno Calabresi ad indagare per conto proprio, lasciando perdere la pista anarchica e finendo per seguire sempre più quella degli estremisti di destra veneti Freda e Ventura. Scoprirà che la bomba serviva per favorire un colpo di stato programmato dal Principe Valerio Junio Borghese, bloccato da Aldo Moro che prima di tutti aveva capito lo sporco gioco e si era impegnato a non divulgare notizie purchè il governo Rumor non si piegasse mai alle richieste provenienti da più parti di “svolta autoritaria”.

Nel corso della sua vicenda, Calabresi si troverà a destreggiarsi fra l’indifferenza dello stato che tenta di mettergli i bastoni fra le ruote e le minacce dell’estrema sinistra; e quando finalmente sembra essere giunto alla conclusione giusta, ecco un colpo di scena: un misterioso personaggio arriva a proporgli di lavorare per lui, a Roma. Calabresi rifiuta, e gli espone la sua idea circa l’attentato di Piazza Fontana. Il misterioso personaggio bolla le supposizioni di Calabresi come “fervida immaginazione”, ma in realtà rilancia proponendo una sua teoria che si affretta a definire “una favola” facendo in realtà ben capire che un fondo di verità c’è: le bombe in Piazza Fontana erano due, una posizionata dai neofascisti per incolpare gli anarchici e che sarebbe dovuta esplodere in piena notte senza far danni; l’altra posizionata da gente “molto più in alto”, gente ammanicata con la Nato e gli americani che aveva saputo sfruttare bene i neofascisti veneti e che temeva una “svolta comunista” in Italia (in quegli anni il PCI era il secondo partito del paese) arrivando al punto di progettare un sanguinoso attentato che portasse ad un colpo di stato per ripristinare la dittatura fascista. Almeno nel loro progetto. Ma “sono solo favole” come dice il misterioso personaggio…

Dopo questa vicenda Calabresi abbandonerà la polizia andando a lavorare per il padre della moglie. Una mattina, mentre si trova al lavoro, viene assassinato a colpi di pistola da militanti di Lotta Continua. Il resto è storia nota.

Il film tuttavia non si limita a illustrare avvenimenti storici: a me personalmente ha dato da pensare su quanto non solo la strategia della tensione, ma pure l’eterna divisione degli italiani fra destra e sinistra abbia fatto molto comodo e faccia molto comodo tutt’ora a chi detiene il potere. Potere che in questo caso non significa “comandare il governo” ma bensì “sedere a Montecitorio”, anche all’opposizione. Lo dicevano i romani, “dividi et imperat”, era quando mai attuale negli anni settanta e lo è anche in questi giorni, quando di fronte a una classe politica che ha perso il benchè minimo senso della dignità (sono molto lontani gli anni ’70, quando al limite certi comportamenti potevano essere classificati come “ragion di stato”!) e con gli italiani assolutamente incapaci di alzare la testa proprio perchè popolo profondamente diviso. Su Piazza Fontana lo stato o chi per esso ha saputo giocare con tutte le vite dei protagonisti in gioco: gli anarchici, accusati ingiustamente della strage; i neofascisti, usati come manovalanza e le vittime della bomba, la carne da macello. Direi che è quanto mai indicativo di come funzionino in realtà le cose in Italia.

Andatelo a vedere. Anche se è un pò un mattone, in realtà merita…

LaPadovaBene

Per Corederoma
Paolo Nasuto