Dallo sparo di Petrelli al gol di Conti la storia del derby Roma-Lazio in un libro
Categorie FaceBookScritto da Paolo Nasutosabato, 3 Marzo alle ore 01:25
Arriverà nelle librerie da lunedì, a poche ore dal verdetto dell’Olimpico, “La grande storia dei derby: Roma-Lazio” il volume curato dai giornalisti Flavio Di Stefano e Andrea Romano (Edizioni della Sera, 250 pag. 10 euro) con le prefazioni di Bruno Conti e Vincenzo D’Amico. Sebino Nela rievoca il suo primo e indimenticabile Roma – Lazio dell’ottobre 1983 con il tricolore sulla maglia e gli insulti dei laziali sotto la Tevere. «Giocavo terzino destro – ricorda il difensore romanista – e destino volle che, dopo pochissimi minuti di gioco, feci gol di testa sbucando dalla nebbia dei fumogeni, proprio sotto la Nord. Mentre tornavo a riprendere la posizione dopo l’esultanza, andavo verso gli stessi tifosi sorridendo di nuovo, e più mi avvicinavo e più mi insultavano».
Lo sparo di Petrelli. C’è anche la “maldestra” avventura di Sergio Petrelli, campione d’Italia con la Lazio nel ’74 e con un passato (incolore) nelle fila romaniste. Petrelli racconta di quando, da giocatore della Lazio, sparò contro i tifosi della Roma. «Era la vigilia di un derby e noi eravamo in ritiro in un albergo al tredicesimo chilometro dell’Aurelia – racconta “Pedro il pistolero” – dopo cena stavamo giocando a carte in stanza di qualcuno, quando abbiamo sentito alcuni colpi di clacson provenienti dal cortile. Ci siamo affacciati e abbiamo visto che c’era un carosello di tifosi romanisti che stavano facendo casino con un paio di macchine e qualche trombetta. Dopo un quarto d’ora hanno cominciato a stufarci, uscii sul balcone con la pistola in mano. Non sapevo che fare, volevo sparare in aria e invece ho sparato al lampione. Bum. Bum. Bum. Al terzo colpo hanno smesso di fare casino e sono andati via senza fiatare».
E poi ancora i ricordi di Luca Marchegiani e Giuseppe Giannini protagonisti di un calcio di rigore procurato da un giovanissimo Francesco Totti, calciato dal Principe e bloccato dal portiere laziale. Per Marchergiani una rivalsa personale risalente ai tempi del Torino, quando venne trafitto per tre volte consecutive dal dischetto dal 10 giallorosso nella finale di Coppa Italia (finita però nelle mani dei granata).
Il gol di bruno Conti. Parte integrante del libro sono le prefazioni delle bandiere Bruno Conti e Vincenzo D’Amico, beniamini assoluti delle rispettive tifoserie. Scrive il mitico Bruno da Nettuno: «…Quando ero giocatore attendevo con ansia la sfida contro la Lazio che era, ed è tutt’oggi, la gara più sentita in città. Già dal lunedì si respirava un’aria particolare, diversa dal solito, eravamo molto concentrati verso l’importante evento. Tutta la squadra pensava alla Lazio. Anche gli stranieri, anche i compagni più esperti e distaccati, si dovevano arrendere all’evidenza: l’aria che si respirava nei giorni della vigilia era qualcosa di speciale». E l’emozione indimenticabile del gol-vittoria. «…La sfida che ricordo con maggiore gioia è certamente quella della stagione 1976/77: 1-0 per la Roma con un mio gol di sinistro al volo che s’insacca all’incrocio dei pali proprio nella porta sotto la Curva Nord. Poi, la mia corsa sfrenata sulla pista d’atletica dello stadio Olimpico. Non mi fermava nessuno, correvo per il campo ed ero contentissimo».
Le vigilie di Vincenzo D’Amico. «…Quando uscivo dal sottopassaggio dell’Olimpico – scrive di suo pungo la leggenda laziale – ho incrociato spesso lo sguardo con altri tifosi come me (anche se della sponda sbagliata del Tevere) come Rocca, Di Bartolomei e Bruno Conti. Alcuni sguardi valevano molto più di mille parole, di inutili proclami pieni di retorica, quello che avevamo nello stomaco ci si poteva leggere negli occhi. Perché eravamo in campo, eppure ci saremmo potuti incontrare nel tragitto per arrivare allo stadio con una sciarpa al collo, perché eravamo dei tifosi che hanno avuto la fortuna di onorare la maglia che hanno sempre amato. Vivere un derby in prima persona è qualcosa che non può essere pienamente spiegato. La vigilia, la sera e la nottata che ti separano da quei 90 minuti pieni di adrenalina rappresentano quanto di più snervante possa esistere nel mondo del calcio, perché inizi a pensare che la sconfitta sarebbe una tragedia e, cosa ancora peggiore, dipenderebbe direttamente da te».