giovedì, Maggio 02, 2024 Anno XXI


Nell’estate del 1920 un ragazzino di 12 anni piange perché la sua squadra è uscita sconfitta dalla sfida decisiva per lo scudetto. Sessantasette squadre divise in due campionati nazionali portano in finale l’Internazionale campione del nord contro il Livorno campione del centro-sud. Quel ragazzino era mio nonno e frignava perché la squadra di suo padre (mio bisnonno), morto nelle trincee del Carso, ha dovuto arrendersi dopo una partita combattuta ed emozionante.

Perché un uomo nato in provincia di Foggia faceva il tifo per il Livorno? Semplice. Il bisnonno faceva sempre il tifo per le squadre del centro-sud e così accadde per due campionati consecutivi, i primi a livello nazionale, sotto gli occhi attenti e sensibili del giovane figlio.

Nel giugno 1913 la Lazio fu schiantata dalla Pro Vercelli per sei gol a zero e di nuovo lo fu nel luglio del 1914 contro il Casale. L’anno dopo arrivò la guerra. Il 23 maggio 1915, nell’ultima giornata dei gironi finali, il campionato fu interrotto. Lo scudetto fu poi assegnato al Genoa nel settembre del 1919 per il tributo di sangue offerto alla patria dai suoi calciatori. Luigi Ferraris mitico rossoblu, a cui verrà intitolato lo stadio di Marassi, era tra i caduti e anche il padre di mio nonno. Lo scudetto, però, non fu attribuito a una squadra del centro-sud e la prima occasione utile si offrì proprio nella sfortunata estate del 1920.

A distanza di quasi un secolo le lacrime di quel giovane tifoso delle squadre del centro-sud hanno ripreso sapore e questo racconto ha colpito l’attenzione di una classe di un istituto tecnico della provincia di Milano. Tra le varie attività mi guadagno da vivere insegnando il linguaggio dei mezzi di comunicazione nelle scuole e avevo il compito di stimolare una discussione sul senso della nostra storia.

Ho scelto la via più semplice e ho parlato di calcio chiedendo se avessero mai pensato di scrivere l’albero genealogico del tifo calcistico della loro famiglia.
L’elenco completo degli antenati da cui ereditiamo una simpatia o un’antipatia calcistica e, soprattutto, la storia che ci ha portato per motivi logici o sentimentali a fare il tifo per una squadra piuttosto che per un’altra.

All’inizio le cose non sono andate un granché bene. I ragazzi non sapevano nemmeno il senso della parola genealogia e anche dopo avere ripetuto e fatto scrivere alla lavagna che si trattava di una disciplina che ricostruisce e tramanda le origini, le discendenze e i legami familiari erano convinti si trattasse di una ricerca noiosa. Le cose sono andate peggiorando man mano che cercavo di farmi comprendere parlando di araldica e ramificazioni varie di ceppi reali.

“Voglio solo l’albero del tifo,” ho detto a un certo punto e il clima è cambiato all’improvviso. Avevano capito. La settimana dopo il risultato è stato sorprendente. Ognuno di loro aveva compilato una storia ragionata del tifo nella loro famiglia a partire dal nonno, per la maggior parte di loro, e alcuni perfino dal bisnonno, anzi, dalla bisnonna.

È il caso di Umberto G., 16 anni, la cui ava era un’accanita sostenitrice del vecchio Genoa. Nel 1934 rimandò il matrimonio con l’ottimo partito propostole dal padre perché le avrebbe portato sicuramente male sposarsi proprio nell’anno in cui la sua squadra retrocedeva. Una scusa? Umberto sostiene di no. Comunque, undici mesi dopo la bisnonna sposò un tiepido simpatizzante della Sampierdarenese. I suoi figli, i nipoti fino ad arrivare al nostro Umberto sono rimasti ancora rossoblu. In fondo devono la loro vita a una sofferta retrocessione.

Stefano C., 17 anni, ha scoperto che il nonno era un tifoso del Bari convertitosi alla Juventus nel 1957 dopo essersi trasferito a Torino. Suo padre, scappato di casa a quindici anni, è milanista e lui che comunque non ha buoni rapporti con il genitore per contrasto, dal 1999, fa il tifo per la Lazio.

Michel L., 16 anni, è di origine brasiliana ed entrambi i genitori adottivi sono juventini. Lui simpatizza per il Milan perché “è la squadra dove giocano i brasiliani”. E così, di albero in albero, la storia ha preso vita in una prospettiva diversa da come viene fatta conoscere dai manuali scolastici. Il gioco del calcio epurato dalle circostanze attenuanti della sua fugacità colora di vita le date e gli eventi che di solito appaiono vuoti e noiosi.

“E come è continuata la storia di suo nonno? E lei oggi tiene al Livorno?”
“Prima di continuare a raccontarvi come proseguì la vita di quel giovane tifoso del 1920 dopo il suo pianto,” ho chiesto ai ragazzi. “Raccontatemi ancora le vostre storie. Il vostro albero del tifo.”
La stessa cosa chiedo a voi che avete avuto la pazienza di leggere questo articolo fino in fondo.

[Fonte: Il Peccatore]

Per Corederoma
Paolo Nasuto