Alma Juventus, Candelora: “Lo striscione scomparso è il manifesto di quello che eravamo”
Categorie FaceBookScritto da Paolo Nasutogiovedì, 9 Febbraio alle ore 03:07
C’era una volta uno striscione… E che striscione! Ce lo ricordiamo tutti, giovani e meno, mentre quei pochi che non ne abbiano memoria vadano ad ammirarlo nelle foto.
Era il mega-drappo che campeggiava in curva, praticamente avvolgendola tutta. Sessanta metri abbondanti di stoffa, ovviamente granata, recante la scritta ‘Panthers Fano Ultras Granata’. Fece la sua comparsa all’alba degli anni ’90, allorquando, riconquistata la C1 con Esposito, il nuovo settore in cemento armato sostituì la vecchia struttura in legno e tubi. Contemplarlo da lontano, in tutto il suo potere di impatto scenografico, era uno spettacolo affascinante, costituendo al contempo un motivo di orgoglio che poche altre tifoserie potevano vantare. Ha attraversato praticamente tutta la recente storia dell’Alma, muto testimone di epopee gloriose e periodi di vacche magre. Gli ultras hanno continuato ad esporlo fino a poche stagioni fa, prima di arrendersi alle cervellotiche misure adottate nella stanza dei bottoni in materia di sicurezza negli stadi. Ora langue sicuramente in qualche magazzino buio e umido, innocente capro espiatorio sacrificato in nome dell’imbecillità umana di chi pretende di curare il male (la violenza: già ma quale e di chi?) di fatto uccidendo il malato (il calcio, privato del tifo, sua linfa vitale). Osservando a tale riguardo il panorama curvaiolo nazionale ci accorgiamo che gli atteggiamenti adottati nei confronti delle norme vessatorie sono antitetici. La maggior parte dei gruppi storici si è ormai sciolta e chi non lo ha fatto ha riconvertito i vecchi striscioni, rimpiazzandoli con semplici ‘pezze’ in formato ridotto che paiono anonimo succedaneo rispetto ai colorati fasti trascorsi. Altri (e sono comunque un’importante minoranza) non l’hanno invece data vinta ai padroni del vapore e continuano imperterriti ad esporre il sacro telo a presidio del proprio territorio. Diciamo dei Boys San interisti e dei Drughi juventini, tanto per citare due tifoserie che storicamente vanno per la maggiore. Personalmente, ritenendo di conoscere la mentalità ultrà per averci vissuto anni in mezzo, concordiamo con questa seconda strategia. Perbacco, lo striscione è parte integrante di un gruppo, ne rappresenta l’anima collettiva resa visibile, divenendo quasi il totem da esibire in faccia agli avversari, sfidandoli simbolicamente. In suo nome (per sottrarlo, distruggerlo, ricatturarlo o difenderlo) si sono combattute zuffe memorabili ai quattro angoli della Penisola. Rammentiamo che quando, si era nel campionato ’91-’92 ospite il Perugia, un supporter umbro, giunto sprezzante sotto la curva e arrampicandovisi, lo lacerò soffrimmo più per l’oltraggio subito che per la sconfitta interna. Altro che un semplice lenzuolo! E’ il manifesto di quello che eravamo, siamo ancora nell’intimo e saremo per sempre. Giusto allora rispolverarlo e rimetterlo al suo posto. Per dimostrare agli oscurantisti per partito preso che la fede non può né deve essere relegata a marcire in cantina