domenica, Maggio 11, 2025 Anno XXI


DONI: “L’HO FATTO PER L’ATALANTA” – E’ anche Cristiano Doni a catalizzare ancora l’attenzione nell’ambito dell’inchiesta ‘Last Bet’ sul calcioscommesse. Nell’interrogatorio di garanzia della scorsa settimana, il centrocampista nerazzurro ha ammesso di aver “aderito” all’iniziativa illecita delle scommesse “solo per la passione che mi legava alla mia squadra e la speranza di poterla portare all’obiettivo di quella stagione”. Il desiderio di aiutare l’Atalanta a risalire in Serie A, quindi, sarebbe stato la molla che ha convinto Doni a contribuire alla combine delle gare che vedevano coinvolti i nerazzurri. “Io per l’Atalanta ho sempre giocato – ha ammesso, alla presenza del Gip Guido Salvini e del procuratore della Repubblica Roberto Di Martino nell’interrogatorio di garanzia di venerdì scorso – e non ho guadagnato nulla dai fatti che ho raccontato”.

“NESSUN GUADAGNO PERSONALE” – Doni, nel corso dell’interrogatorio, ha raccontato di essere stato avvicinato per intervenire sul risultato della gara Ascoli-Atalanta dello scorso campionato, pur rifiutando di incontrare l’ascolano Micolucci. L’atalantino, forse per alleggerire la propria posizione, ha aggiunto di non avere avuto la sensazione di una particolare arrendevolezza da parte dell’Ascoli nel corso della partita, cui comunque ha solo assistito dalla panchina. Confermata, invece, la combine su Atalanta-Piacenza: “non avuto alcuna parte in guadagno o vicende simili attinenti a scommesse su questo risultato”, ha precisato Doni.

IL LEGALE: “MAI CONTRO L’ATALANTA” – A confermare questa circostanza è Salvatore Pino, legale del giocatore: “Gli inquirenti hanno creato l’atmosfera giusta – dice l’avvocato di Doni – ci si è concentrati soprattutto su fatti ormai noti, mi riferisco in particolare ad Atalanta-Piacenza. Se il Gip ha suoi convincimenti, ma non se n’è parlato per nulla. A lui non è stato richiesto di chiamare in correità altri soggetti. Con lui non ho parlato degli incontri con gli ultras dell’Atalanta. Ha avuto contatti con Santoni che, credo, era a sua volta in contatto con Buffone, poi non so se alle spalle di Santoni ci fossero gli altri soggetti indagati nella prima tornata. Dal punto di vista umano, credo che tutto sia partito dalla retrocessione della squadra in B e dal desiderio di riportarla su. Gli si è presentata la possibilità di ottenere risultati facili, poi è fuor di dubbio che ci siano state anche le scommesse. Sotto il profilo umano, però, ha specificato che mai nella vita si sarebbe sognato di vendere una partita contro la sua squadra”.

UNA TALPA PER GLI ATALANTINI – Su Doni e Manfredini, i giocatori dell’Atalanta coinvolti nello scandalo, emergono ancora nuovi dettagli: stando agli atti, infatti, una dipendente della Lega Calcio riferiva ai calciatori nerazzurri “particolari dell’inchiesta diversamente a loro sconosciuti”, dispensando “preziosi consigli sulla strategia da riferire ai propri legali per contrastare le accuse del procuratore federale”. La donna “non nasconde di poter arrivare facilmente a raggiungere gli appartenenti alla Commissione per indirizzare la sentenza in favore dei calciatori, anche se poi non emerge alcun elemento che possa avvalorare questa sua possibilità. E’ comunque indubbio che la stessa – si legge ancora dagli atti – appartenendo comunque all’organo federale della Lega Calcio, possa di conseguenza facilmente riconoscere alcuni membri della Commissione giudicante”.

DONI CHIAMATO A RISPONDERE AGLI ULTRA’ – Cristiano Doni, dal canto suo, ha anche dovuto rispondere personalmente agli Ultrà, che gli chiedevano conto dell’inchiesta: lo si evince da un’informativa del servizio centrale operativo (Sco) della polizia, secondo la quale il capitano atalantino vive “con estrema preoccupazione l’attesa della decisione che la Procura federale prenderà nei suoi confronti, considerato anche il forte vincolo di amicizia che lo lega al capo ultras dei tifosi orobici”, Claudio Galimberti, detto ‘il bocia’, “che più volte lo invita a presenziare alla festa organizzata dai supporter, chiedendogli nella circostanza contezza sui fatti che lo vedono coinvolto, temendo ripercussioni anche societarie”. (Fonte: Repubblica)

“IL VERO SPETTACOLO E’ IN CAMPO…”
Ecco una selezione dei documenti più rilevanti allegati all’ordinanza di cattura eseguita nei confronti di Doni & co. prima di Natale.
I sospetti sulla LazioLa Lazio era finita al centro del primo interrogatorio di Alessandro Zamperini (un calciatore emissario del gruppo degli “Zingari”) per via della sua presenza a Lecce nei giorni della partita “sospetta” Lecce-Lazio 2-4. Adesso i riflettori tornano ad accendersi nuovamente sui biancocelesti. Stavolta la partita è Lazio-Genoa 4-2, disputata il 14 maggio. A parlarne come di una gara taroccata è stato ieri un altro degli arrestati, Gervasoni. Le sue parole trovano un primo riscontro nelle carte. Analizzando i dati relativi ad alcune chiamate sull’asse Roma-Singapore intercorse il 14 maggio del 2011, giorno della gara, gli investigatori dello Sco, in una nota del primo novembre del 2011 scrivono: “A conferma dell’assunto secondo il quale l’organizzazione invia i propri emissari per parlare direttamente con i giocatori e/o dirigenti coinvolti nella manipolazione delle partite, di particolare valenza investigativa appare essere la circostanza che la cella impegnata da Kondic (Viktor, uno degli indagati che in quel momento era sotto intercettazione) è quella di Formello (…) via delle Macere dove si trova la cella è contigua proprio al centro sportivo (…)”. Ma Kondic non è l’unico indagato presente a Formello, secondo la polizia in quel momento. Ce n’è anche un altro, Thamrong Prachum: “Dalla comparazione delle celle impegnate dai due telefoni in orari diversi è addirittura possibile ipotizzare che Kondic e Parachum si trovavano insieme a Formello”.

Gli azzurri scommettono Una intercettazione ambientale tra Nicola Santoni (preparatore atletico del Ravenna, complice di Doni nel calcioscommesse) e tale Maurinho (verosimilmente Maurinho Ernandes, allenatore del Sudtirolo femminile) chiama in causa tre big del calcio italiano. E’ il 30 settembre scorso e i due parlano di un presunto pentito nell’inchiesta sul calcioscommesse in corso a Napoli.
S.: “(…) perché il calcio è tutto truccato, è tutto marcio… e quindi… dirà due nomi e verrà fuori… perché poi dopo c’è Buffon che gioca… gioca anche lui… sti qua”.
M.: “Buffon anche lui…”
S.: “Gioca 100-200mila euro al mese!… no… eeh: lui, Gattuso… Cannavaro… sono proprio malati!… Solo che non si poteva.. ugualmente… e (incomprensibile) non gli ha contestato nessuna. Si son fatti il loro mondiale, poi l’han vinto, quindi quello…”.

Atalanta, guai infiniti Una volta accertata la responsabilità di Doni (a proposito: la Lega calcio è in imbarazzo perché dalle indagini è emerso che una segretaria del giudice sportivo Tosel, la signora Stefania Ginesio, ha passato informazioni a Doni a processo sportico in corso) la differenza per il club di Bergamo la farà l’eventuale coinvolgimento diretto della società nelle varie malefatte. E da questo punto di vista sono in arrivo pessime notizie. A inguaiarla è Santoni. Riferendosi al futuro di Doni, spiega: “… può stare nella società non penso che… cioè, per tutti insieme, tutti i casini che abbiamo fatto… perché tanto alla fine di casini ne abbiamo fatti tanti, dentro ci sono anche loro, capito? Quindi è inutile che lo abbandonino, perché (…) c’era chi sapeva”.

Pellissier intercettato Quanto al coinvolgimento di Sergio Pellissier del Chievo, riferendosi a quanto emerso nella prima parte dell’inchiesta il gip Salvini, scrive: “Pellissier è indicato in vari interrogatori come il compartecipe alla manipolazione di partite in cui è impegnata la sua squadra”. Il riferimento è ad alcune telefonate intercettate, come quella tra Bellavista (ex calciatore del Bari) ed Erodiani (uno degli allibratori) entrambi arrestati, in cui si ripromettono di parlare con “il Pelli” a proposito di una partita (Bari-Chievo) da sistemare. Oggi emergono altre chiamate (stavolta intercettate direttamente dal telefonino del calciatore) come quella “rilevante” in cui, scrivono gli inquirenti, “si sente Pellissier che parla con una terza persona dall’accento meridionale e dice testualmente: “Si può sapere quanto mi fai prendere da queste cose?”, e l’interlocutore: “Dai 250 ai 400?. Pellissier ride. Interlocutore: “Ho esagerato?”. Pellissier: “No… anche un po’ di meno”.

Corvia, il Panteron Ad agosto dopo che Repubblica scrive dell’iscrizione nel registro degli indagati di Daniele Corvia, l’attaccante del Lecce attiva tutti i suoi contatti per capire i dettagli dei nuovi sviluppi. Ma qualcuno esagera. Stando almeno a quanto emerge da una intercettazione del 24 luglio, la moglie avverte il giocatore: “Mi ha chiamato l’avvocato, no? mi ha detto che sia il telefono tuo sia il mio sono sotto controllo”. Ciò nonostante il calciatore parla in maniera piuttosto libera, come quando al telefono con un amico spiega: “E’ arrivata la risposta che sono indagato su, ma su indagini ancora su frode sportiva, associazione per delinquere e un’altra cosa che non ricordo. Così loro hanno tutto”. Dalle intercettazioni si capisce che il giocatore è particolarmente preoccupato da quanto trovato dagli inquirenti nell’iPhone di Paoloni (il portiere della Cremonese che aveva detto di aver usato il nome di Corvia per convincere alcuni scommettitori di aver accomodato le partite del Lecce): “Hanno trovato il riferimento Corvia Panteron ma niente di più. Può essere solo un appunto, no?”.

Signori e il Bologna Infine, nelle carte depositate nei giorni scorsi, c’è qualcos’altro da chiarire per Beppe Signori e per il Bologna calcio. In particolare: per quale motivo tra i vari telefonini in uso all’ex calciatore travolto dalla prima ondata del calcioscommesse ce n’è uno che ancora al 4 luglio scorso risulta intestato al Bologna Football Club? (Fonte: Repubblica)

“BISOGNA RIPORTARE LE FAMIGLIE ALLO STADIO!”
In attesa di conoscere l’evolversi della questione sulla presunta illegittimità, confermata da una sentenza del Consiglio di Stato su segnalazione del Tar del Lazio, la tessera del tifoso torna alla ribalta delle cronache. Con un effetto collaterale tanto salato quanto piuttosto originale.
Nella fattispecie si parla di Carrarese-Spezia dello scorso 23 ottobre, finita con una vittoria dei marmiferi con doppio penalty che ribaltò l’iniziale vantaggio spezzino firmato da Raffaele Bianco.
Quel giorno, come in ogni derby contro lo Spezia, grande pubblico al “Dei Marmi” con oltre 4mila spettatori al seguito, un migliaio dei quali giunti dal capoluogo ligure. E fu anche una settimana di battage, con il problema biglietti e una certa tensione anche fra gli stessi club. Così dopo un primo momento di vendita destinata ai soli residenti nella provincia apuana, dal martedì antecedente la partita, si è passati alla cessione libera, con possibilità da parte dei tifosi, anche spezzini, di acquistare i tagliandi anche nel settore non usualmente riservato agli ospiti.
La corsa al biglietto è partita in vari modi, più o meno leciti: c’è stato anche chi nei giorni immediatamente precedenti alla partita, si è presentato a Carrara presso le rivendite autorizzate, chiedendo il biglietto del settore ospiti, pur essendo residenti alla Spezia e senza aver mai sottoscritto la tessera del tifoso.
In parecchi entrarono dunque con regolare biglietto ma senza la ‘scheda’ che generalmente si accompagna per verificare la nominalità corretta del tagliando stesso. Sul momento non fu possibile da parte delle forze di polizia eseguire i controlli incrociati, ma attraverso le banche dati è emerso che diverse decine (attestabili sulla sessantina) di tifosi spezzini quel giorno entrarono nel settore ospiti senza tessera, con il biglietto acquistato a Carrara. Per questo sono stati multati due carraresi di 48 e 40 anni, rei di aver venduto quei tagliandi: per loro si prospetta una sanzione amministrativa piuttosto salata, dai 5 ai 20mila euro. (Fonte: Città della Spezia)

E’ UN CAMPIONATO CHE PIACE, CHE COMINCIA A FARE TENDENZA, CHE SI FA NOTARE… (cit. CAZZETTA dello Sport)
Il mio amico Maurizio Crosetti, unico nel panorama dei quotidiani, sottolinea nel servizio su Udinese-Juventus la grande arrabbiatura di Guidolin non solo per esser stato costretto a giocare tre partite in sei giorni, ma anche di averlo dovute fare nel gelo invernale. “E’ questo il calcio del futuro? E’ così che rispettiamo gli atleti, il pubblico, lo sport?” si domanda sarcasticamente l’allenatore dell’Udinese. E’ un tema che qui abbiamo affrontato spesso (leggi anche Allo stadio sempre di sera, gli spettatori spariscono anche perché muoiono di freddo ) e che adesso, alla luce anche di quanto detto da Guidolin, possiamo perfino integrare. A vedere Udinese-Juventus c’erano meno di 30.000 persone, Lazio-Chievo circa 25mila, Inter-Lecce 40.000 scarsi, Napoli-Genoa 42.000, Bologna-Roma 16.000, Novara-Palermo 8.500, Parma-Catania 8.500, Atalanta-Cesena 16.000, Siena-Fiorentina 9000, Cagliari-Milan 20.000.

A me sembra ormai chiaro: allo stadio reggono ancora le grandi squadre, che per altro faticano immensamente a fare i pienoni di un tempo, i 70, 80, 90 mila di tanti anni fa. La polverizzazione del campionato a tutto vantaggio delle tv e l’imposizione di orari durissimi in inverno per chi deve giocare prima di tutto e per chi deve stare fermo a vedere subito dopo, non possono far altro che svuotare gli stadi. Lo spettatore al caldo sul divano di casa tanti problemi non se li pone, ma torno ancora una volta a ripetere: una partita di calcio senza una grande cornice di pubblico è una partita rovinata. E una partita in uno stadio vuoto non è una partita, tant’è vero che qualcuno – la Triestina, ricordate? – cominciò a coprire le tribune con maxi striscioni col pubblico finto dipinto sopra. E in alcuni stadi, sia pure minori, ormai si approfitta dello spazio vuoto per stendere degli enormi striscioni pubblicitaori. Molti club di provincia – vedi i dati più sopra – ormai non arrivano ai diecimila spettatori e anche club di primo livello hanno stadi importanti con settori addirittura vuoti o chiusi. Mai inquadrati ovviamente dalle telecamere tv. A Lazio-Chievo ad esempio c’era uno spicchio dell’Olimpico, per altro semivuoto, riservato a 8 tifosi del Chievo controllati da 19 steward. Non sono numeri a caso, ma reali, verissimi, nel vuoto totale ho potuto contarli uno per uno comodamente io stesso. E se faceva freddo a Roma, posso immaginare a Bologna o Udine.

Non so quante speranze esistano di risolvere il problema. L’allarme stadi vuoti e strapotere delle tv è stato lanciato ormai molti anni fa, e non abbiamo ottenuto nulla. Anzi ormai si va consolidando una concezione del calcio – tra i calciatori stessi, i dirigenti e perfino i giornalisti che avrebbero invece il compito di sorvegliare su queste deviazioni – che ammette tutto, che concede ogni diritto e ogni potere alla tv, che ormai ritiene tutto ciò normale e naturale, senza più nemmeno farsi venire un dubbio.

Una cosa però mi sento di dirla. Quando sento giustamente il presidente del Coni, Gianni Petrucci, denunciare il brutto andazzo del calcio, e soprattutto delle società, che pensano sempre e solo ai soldi, e mai ai principi e alle regole, passando inoltre tra uno scandalo e l’altro, a parte il dirlo al vento (come già del resto facciamo noi, che oltre non possiamo andare) cosa ha fatto e cosa fa come n.1 dello sport italiano per correggere questa stortura. Molto poco, per non dire nulla, purtroppo. (Fonte: Blooog)

“…NON GUARDANO LA PARTITA E VOLTANO LE SPALLE AL CAMPO!” (Cit. di un idiota qualsiasi che non conta un cazzo…)
Ma dov’è finito il tifo a Cesena? Questa domanda se la stanno ponendo un po’ tutti i frequentatori del Manuzzi negli ultimi tempi, vale a dire da quando la curva Mare ha fatto un voto di silenzio nelle partite casalinghe, con la strana sensazione che il Cesena giochi sempre in trasferta. C’entra la tessera del tifoso, c’entra la protesta degli ultras, c’entra la serie A, ma sinceramente lo spettacolo andato in scena ultimamente non è stato dei migliori.
Curva spaccata. C’è un’istantanea molto chiara della situazione attuale. Cesena-Inter del 18 dicembre, secondo tempo: i nerazzurri passano in vantaggio con Ranocchia, e per i successivi venti minuti il Manuzzi è come un teatro. Uno splendido teatro, per carità, perché il settore distinti è una meraviglia senza barriere, ma pur sempre un teatro. Dove gli spettatori assistono in religioso silenzio alla partita. L’unico coro degno di menzione è quello che invita Pazzini a fare altro uso delle due dita che di solito punta agli occhi dopo i gol, ma insomma, è ben poco. Perché in quei momenti i bianconeri in campo avrebbero avuto bisogno del massimo supporto. Ma come si è arrivati a questa situazione? La risposta è molto semplice: il progetto della tessera del tifoso ha spaccato la curva Mare, da sempre il nucleo fondamentale del tifo del Manuzzi. Gli ultras, non solo le Wsb ma tutti i gruppi che popolano la curva, hanno scelto la linea dura, rifiutando il tesseramento sin dall’anno scorso. E quest’anno hanno irrigidito la loro posizione, annunciando (prima i Viking e poi le Wsb, che si sono autosospese) uno sciopero del tifo ad oltranza e anteponendo la fedeltà interna ai gruppi al sostegno alla squadra in campo. Scelta legittima, ma da quel momento la Mare ha perso la sua voce. Non c’è stato nessuno in grado di sostituire gli ultras a livello canoro (per non parlare delle coreografie): va detto che “prendere in mano” una curva e farla cantare non è impresa che s’improvvisa dall’oggi al domani.
Il fatto è che la componente ultras si sente tradita da quella vasta parte di tifo cesenate che non l’ha seguita nella battaglia contro la tessera del tifoso. I numeri sono impietosi: 12mila tessere sottoscritte l’anno scorso, aumentate di un paio di migliaia quest’anno. Per contro, il numero dei non tesserati si attesta sul migliaio (a questi supporter è stata concessa, anche quest’anno, la prelazione sul biglietto). La battaglia contro la tessera non è stata considerata degna di essere combattuta dalla grandissima parte del pubblico cesenate: vuoi per l’astinenza da grande calcio, vuoi per comodità. Anche qui: scelta legittima e rispettabile per tanti motivi. Ma l’effetto è stata una cesura nettissima tra le due anime del tifo bianconero, quella ultras e quella non ultras. Chi ne ha pagato il prezzo è stata la curva Mare. E con essa tutto il Cesena.Vicolo cieco. Pare, insomma, di essersi infilati in un cul de sac. Allo stato attuale delle cose non si vede come gli ultras possano spostarsi dalla propria posizione. Va notato tuttavia che molte altre curve hanno fatto scelte diverse: c’è chi si è tesserato in massa (Inter, Milan), chi si è tesserato per portare avanti la lotta al progetto Maroni dall’interno (Hellas Verona), chi ha scelto la linea dura, come le Wsb. D’altra parte, in questo momento non si vede un’altra componente della tifoseria bianconera pronta a prendere le redini canore del Manuzzi. Almeno, non nel breve periodo. Diviso tra chi non vuole e chi non riesce, il tifo a Cesena sembra davvero infilato in una brutta strada. (Fonte: Corriere di Romagna)

GLI ULTIMI DELLA CLASSE…
Si chiude un anno tribolato per la Lega di Serie A, che ancora non ha limato tutte le differenze con l’Assocalciatori circa la normativa sul collegio arbitrale (scoglio che, di fatto, ha portato allo sciopero della prima di campionato) e con un presidente che, complice il nuovo incarico in Unicredit, è stato di fatto sfiduciato. Maurizio Beretta, però, appare soddisfatto nel giudizio sul 2011 che va chiudendosi, soprattutto in merito alla questione dei diritti televisivi: “Non sarei drastico come lo sono in molti, nel valutare né il lavoro né il clima che c’è all’interno della Lega – dice a Sky il n.1 della ‘Confindustria del calcio’ – vorrei ricordare che noi abbiamo per la prima volta dalla stagione 2010-2011 applicato un sistema di funzionamento completamente nuovo, si è passati dai diritti soggettivi a quelli collettivi fissati da una legge dello Stato italiano. La Lega ha venduto i diritti, poi ha dovuto trovare i meccanismi per distribuire questa cifra, che rappresenta all’incirca il 70% dei ricavi complessivi del calcio italiano di serie A. Che si discuta, che ci si confronti, che ci siano dibattiti anche aspri, per spartirsi questa torta, lo trovo abbastanza fisiologico”.

“PUNTIAMO A GRANDI ACCORDI COLLETTIVI” – “Sarei stato più preoccupato se ci fosse stato un atteggiamento non attento ad un cambio così epocale – ammette Beretta – la Lega i suoi accordi li trova, abbiamo trovato il modo di dividere i diritti per il primo biennio, abbiamo venduto i diritti del 2012-2015 con un sensibile aumento. Dentro l’assemblea va costruito l’accordo per trovare una soluzione che abbia una vasta maggioranza. I nodi da sciogliere? Quelli grandi li abbiamo affrontati e risolti, c’è davanti il problema di impostare i ragionamenti per dividere i proventi 2012-2015, guardare ad una serie di sponsorizzazioni collettive, nel frattempo abbiamo rinnovato con Nike per i palloni dei prossimi anni”.

“18 SQUADRE IN SERIE A? PROCESSO LUNGO” – In molti, tra gli addetti ai lavori, chiedono un ritorno ad una Serie A a 18 squadre, tema sul quale Beretta prende tempo: “La posizione della Lega sarà quella che verrà portata in discussione quando la maggioranza dell’assemblea la chiederà – dice il presidente della Lega – siamo stati già impegnati nei mesi scorsi con un tavolo di riforme aperto in Figc che ha confermato che con le regole in vigore nessuno è in grado di decidere per sé. Un numero diverso di squadre prevede un meccanismo ed un accordo anche con le altre Leghe, sono processi che devono essere avviati, innestati e che hanno un percorso decisionale complesso che non è solo nelle mani di un singolo soggetto. Sarebbe un utile elemento di riflessione ragionare anche sulle rose, ma tutto deve essere guardato con l’ottica di dare al calcio italiano il massimo di sostenibilità nel tempo ed un equilibrio economico guardando al fair play finanziario”.

“SCUDETTO 2006 NON E’ AFFAR NOSTRO” – Tra i tempi caldi del calcio italiano, c’è, come sempre, quello riguardante Calciopoli, reso nuovamente d’attualità dal tavolo della pace organizzato, con esiti al di sotto delle aspettative, dal presidente del Coni Gianni Petrucci: “E’ un problema che non è mai arrivato sul tavolo della Lega ed è giusto che non ci arrivi – dice non senza sollievo Maurizio Beretta – Inter e Juventus, dal mio punto di vista, sono due società che lavorano in Lega con grande capacità collaborativa”.

“NO A CRISI AL BUIO” – Sulla questione del passaggio di mano in testa alla Lega, Beretta si dichiara pronto a farsi da parte, a patto che ci sia un successore pronto: “Credo che sia importante che si trovi un accordo su un successore che soddisfi le società, che abbia un largo consenso – spiega il presidente – io aspetto solo un segnale in questa direzione per convocare l’assemblea elettiva, perché sarebbe ingiusto aprire una crisi al buio. Io faccio degli altri mestieri e, se arrivasse l’indicazione di un successore, sarei molto contento di lasciare e passare la mano, ma ribadisco sarebbe ingiusto verso i presidenti aprire una crisi senza un successore pronto ed è di questo che abbiamo sempre ragionato”.

E’ PROPRIO VERO… GLI ULTRAS SONO LA ROVINA DEL CALCIO ITALIANO!

LaPadovaBene

Per Corederoma
Paolo Nasuto