giovedì, Maggio 15, 2025 Anno XXI


Che cosa faceva un normale e tranquillo ragazzino durante gli anni Sessanta e Settanta quando, finiti regolarmente i compiti, non poteva uscire di casa per prendere a calci una palla a causa condizioni delle condizioni atmosferiche avverse? In gran parte dell’Europa si metteva a giocare in camera o in soggiorno a Subbuteo insieme a un piccolo nucleo di amici, convocati per l’abituale sfida del football da tavolo. Potrà magari avere ben scarse suggestioni emotive per gli adolescenti che oggi crescono tra Playstation e divertimenti elettronici variamente assortiti, ma all’epoca il Subbuteo era un “must” oltre che un passatempo davvero imperdibile. La cui epopea, all’insegna del “vintage” più spinto e più nostalgico, viene ricostruita da Daniel Tatarsky in un libro proposto dalla Isbn (Subbuteo, 109 pagine, 15 euro) pieno di immagini e con un sottotitolo in grado di svelare l’arcano: storia illustrata della nostalgia. Ovvio che si tratti di archeologia del divertimento domestico in epoca in cui i canali tv full time non erano neppure immaginabili. Ma la storia, narrata con ciglio asciutto e prosa brillante da un attore londinese in cammino verso la mezza età, è tante cose insieme. In primo luogo quella di un rito sociale al maschile capace di coinvolgere molte migliaia di persone nell’intero continente. E poi di un’ardita avventura industriale di successo. Che fu avviata con un po’ di incoscienza e innato spirito da imprenditore nel 1947 da Peter Adolph, ornitologo dilettante e impiegato per vivere, in un piccolo garage del Kent. Per nulla intimorito dalla presenza sul modesto mercato britannico di allora di un temibile concorrente, Adolph registrò il brevetto ancora prima di avere disponibile il prodotto. E fece la sua fortuna, visto che i rivali del “Newfooty” si erano colpevolmente dimenticati di ufficializzare il marchio: vinse a mani basse la sfida commerciale impegnandosi a testa bassa per evadere gli ordini, con la mamma nel retrobottega a fare i pacchi e la pubblicità sparsa ovunque nei giornalini per ragazzi del Regno Unito. Non era certo Adolph il primo a tentare di simulare ad uso e consumo dei giocatori in erba il calcio vero, i tiri, i passaggi e le astuzie tattiche indispensabili per imporsi sul team avversario. La competizione in un mercato dalle immense potenzialità era infatti iniziata nel 1890, quando un imprenditore londinese aveva proposto il “football soffiato”. Altri ne avevano seguito l’esempio senza tuttavia riuscire a conquistare i cuori dei ragazzi. Poi arrivò Adolph a sbaragliare la numerosa e agguerrita concorrenza in virtù di una idea in seguito ritenuta geniale: le partite dovevano aver per protagonisti attendibili simulacri dei veri atleti, muniti di maglie con i colori regolamentari. Quando varcò la porta dell’ufficio brevetti il 9 agosto 1946 Adolph voleva chiamare “Hobby” la sua invenzione di cui non esisteva ancora neppure un esemplare, ma si sentì rispondere che il nome era vago. Così fece ricorso alla sua antica passione ornitologica e si ricordò del falco lodaiolo (“hobby hawk” in inglese) celebre perché cattura sempre la preda, e decise di utilizzarne il nome scientifico: falco subbuteo, appunto. L’avventura che prese il via in maniera rocambolesca quella estate ottenne un successo davvero clamoroso. Dagli umili inizi nel Kent, ricorda Tatarsky, Adolph riuscì in fretta a sviluppare un marchio che vent’anni dopo era apprezzato in almeno cinquanta paesi e poteva contare su dieci milioni di appassionati, non solo tra i ragazzini con i pantaloni corti. Un risultato ancor più stupefacente se si tiene conto che venne raggiunto facendo leva ben poco sulla pubblicità e moltissimo sul passaparola, contando inizialmente su un numero ristretto di “testimoni eccellenti”, i giocatori in carne ed ossa che ogni settimana scendevano in campo e si prestavano ben volentieri (in maniera gratuita) a promuovere il calcio da tavolo. Nel momento dell’apogeo, in coincidenza con la vittoria dell’Inghilterra ai Mondiali del 1966, il Subbuteo metteva in vendita per la gioia di piccoli o grandi appassionati residenti di ogni angolo dell’Europa ben duecentosedici mini-squadre dipinte a mano con un ricco corredo di accessori per ricreare le condizioni delle partite vere. Nell’elenco proposto da Tatarsky figurano naturalmente anche i team italiani, visto che anche il nostro mercato era coperto e non venivano dimenticate neppure le divise di squadre di secondo piano in perenne zona retrocessione, oltre naturalmente alle big: le milanesi, le romane, le torinesi e il Cagliari di Gigi Riva “Rombo di Tuono”. Le partite del calcio da tavolo giocato assai spesso sul pavimento erano in scala “00” e le sagome dovevano venire colpite in modo netto, senza strisciarle, spingerle o urtarle era regola condivisa giudicare “infortunati” i giocatori che riportavano danni (perché magari calpestati inavvertitamente). Bastava poi sistemare il guaio con un po’ di colla e potevano ritornare in campo. Le multinazionali del divertimento inquadrarono nel mirino la ditta artigianale del Kent non appena esplose il boom. E così nel 1968 la Waddington, proprietaria del Monopoli, acquisì la maggioranza delle quote dell’impresa di Adolph, che rimase direttore generale, e ne fece un affare planetario culminato nella Coppa del Mondo del 1978 che si disputò a Londra e venne vinta da Andrea Piccaluga, nato in Italia ma all’epoca trasferitosi con la famiglia in Messico, il cui magico dito fu assicurato addirittura per un milione di sterline, ora docente di economia in un’università pugliese. A dispetto dei generosi investimenti pubblicitari, il Subbuteo era comunque destinato a un inevitabile declino e nel dicembre del 2003 è scaduta l’ultima licenza di sfruttamento del nome. Ma il fascino del calcio con le dita non si è certo indebolito tra gli adolescenti ormai ingrigiti attivi nel momento della sua massima espansione e tra i collezionisti. Su eBay ci sono con regolarità aste e ancora si giocano campionati che mobilitano migliaia di persone. “Credo che, sino a quando si giocherà a calcio, si giocherà anche a Subbuteo”, conclude Tatarsky. Forse si tratta solo dell’appello di un nostalgico dei vecchi tempi. Ma è bello pensare che abbia ragione. Il sito Hasbro www.subbuteoworld.co.uk www.subbuteoitalia.com

IlMessaggero.it

Per Corederoma
Paolo Nasuto