sabato, Maggio 17, 2025 Anno XXI


da romanews.eu

Le dichiarazioni integrali del Direttore Generale della Roma, Franco Baldini, nell’intervista concessa ai microfoni di Roma Channel. Queste le sue parole:

Franco BaldiniC’è un po’ di emozione, tante cose da raccontare
“Non capisco l’emozione, non dovevamo fare solo gli auguri di Natale? Mi avvarrò della facoltà di non rispondere (ride ndr)”.

Momento positivo. Dopo Firenze lei mi aveva detto che si erano viste cose positive…
“Il risultato ovviamente ha questa facoltà magica di dare la percezione dei fatti che avvengono con altra luce e prospettiva. Ovviamente è più facile parlare di qualcosa che si sta facendo bene,come contro il Napoli. Anche nei momenti in cui il risultato non veniva, come nelle partite di Udine e Firenze, si poteva vedere un’identità di squadra”.

Si parla di un Luis Enrique italianizzato…
“Bisognerebbe capire cosa si intende per “italianizzare”. Se ci riferiamo al vecchio concetto di catenaccio, io non riesco a capire come si possa definire Luis Enrique italianizzato. Se si fa riferimento al fatto che il possesso palla non è così più preponderante rispetto alle altre partite, è perchè le avversarie erano Juventus e Napoli. Lui sta facendo un percorso personale come allenatore. E’ alla sua prima esperienza in prima squadra e quanto di buon aveva fatto vedere lo sta confermando. Ed ha avuto un buon impatto, ed è stato un impatto pesante”.

Cosa ha pensato al suo ingresso a Trigoria?
“Il mio primo istinto è stato quello di sopravvivenza (ride). Mi sono impedito di pensare allanostalgia che mi dava rivedere i campi, perchè sentivo montare dentro questo impatto forte. Qualcosa che ti da un’emozione forte e che fai fatica a gestire. Quindi mi sono detto “lascia perdere questo ci sono 10000 problemi a cui pensare. Qusto essere vincolati alla percezione che il risultato da delle cose è limitante. Dopo un attimo di bellezza ho pensato a quello che la bellezza nascondeva”

Cosa ha provato nel gestire quella platea nella sua conferenza stampa di ritorno alla Roma?
“Non è stato facile. Ero nervosissimo, avrei voluto non esserci. Ho avuto sempre la sensazione che questo fosse un posto dove era meglio iniziare a far qualcosa più che parlare. Ci sono più cose da fare che non da dire, prometterle ha sempre il sapore dello spot elettorale. Ovviamente ci sono istanze da rappresentare, nodi da chiarire, cose da spiegare. Tante piccole cose le avevamo già fatte, i biglietti, l’e-commerce. Cose che danno al calcio un’altra dimensione, cose che ho visto in giro per il mondo”.

Da questo punto di vista la società ha guardato come prima cosa al benessere del tifoso
“Sono rivolte verso la tifoseria perchè lo scopo è proprio quello”.

Lei ha notato molto questa differenza rispetto all’estero nella fruibilità del prodotto calcio
“Ne sono traumatizzato. Ho avuto la fortuna di andare in Spagna, dove improvvisamente mi sono accorto che era vissuto molto meglio rispetto all’Italia il fatto di andare allo stadio la domenica. Poi in Inghilterra mi sono accorto che era molto meglio rispetto alla Spagna, quindi vi lascio immaginare rispetto all’Italia. Andare negli stadi e vedere le persone mischiate che fanno la stessa fila, con maglie delle proprie squadre diverse, con tutta la serenità e la tranquillità del mondo. Poi sugli spalti per carità, ci sono i soliti sfottò, i canti contro gli altri…ma insomma troppo “british” non va bene. Un po di passione non solo fa bene, ma è necessaria. Ma insomma l’evento è vissuto tutto il giorno, con l’approssimarsi alla partita, mangiando qualcosa. Si vive in un posto dove oggi è festa e non si ha mai la sensazione che si va a vedere qualcosa che ci piace tanto vedere, ma chissà “dobbiamo prestare attenzione a questo o quell’altro, non andare in quel posto, lasciare la macchina lì”. Questa è una cosa che quando hai scoperto che può funzionare, ripeto quantomeno devi cercare di riproporre”

Lei aveva detto che nel tornare ha fatto una scelta d’istinto, che razionalmente non l’aveva ancora capita
“Più ci penso più non la trovo (ride). Sono quelle cose che vuoi fare e poi a corredo di questa risposta dici “si, adesso che l’ho detto giustifichiamolo, troviamo un modo per tenere in piedi la scelta fatta”. Ma poi alla fine ti arrendi all’evidenza che hai fatto quello che volevi fare, punto e basta. I motivi non vale nemmeno la pena di trovarli. Sono nel posto dove volevo essere, che poi abbia fatto bene o male, che sia costato o meno alla fine è un particolare”

Qual’è la soddisfazione da italiano di essere stato dirigente del più grande club al mondo e della più grande federazione al mondo?
“Sono stato molto fortunato. Ho avuto delle occasioni che mi hanno dato molto dal punto di vista porofessionale e umano. Mi hanno dato molto di più della soddisfazione di poter dire di essere stato al Real Madrid e alla Federazione inglese. Li mi fermerei. Non c’è una vera e propria soddisfazione professionale, quanto personale. Di aver avuto la possibilità di fare queste esperienze. Vivere il calcio a questi livelli ma non a questi livelli intesi come importanza, quanto livelli di godibilità e civiltà è qualcosa di…alla fine è quello di cui parliamo. Noi che siamo la patria della cultura abbiamo il diritto di aspirarci”

Qual’è stato il momento più alto e quello più basso vissuto al Real Madrid e nella Federazione inglese?
“L’allenatore, Capello, che era con me, e ne avrei inevitabilmente subito anche io le conseguenze, è stato sul punto di essere esonerato a gennaio. E dopo di che, in seguito a discussioni e riconsiderazione delle cose, nelle quali ebbi un ruolo importante, fu deciso di soprassedere a questa decisione, e da li in poi siamo arrivati a vincere lo scudetto. Festeggiare lo scudetto è stato il momento più alto. Mentre con la federazione il momento più alto è stata la campagna di qualificazione ai Mondiali condotta senza nessuna sconfitta, tutte vittorie, maggior numero di gol segnati, a cui fa da contraltare il momento negativo della bruciante eliminazione con la Germania ai quarti di Finale”

Capello e Luis Enrique. Sono allenatori diversi: uno, Capello, abituato a gestire campioni affermati, l’altro, Luis Enrique è un allenatore che deve crescere e maturare..
“Nella domanda è contenuta la risposta. Erano due allenatori per due indirizzi diversi, direzioni diverse. Capello, come sottolineavi tu, è un allenatore di un carisma ed esperienza straordinaria ma quasi sempre abituato a gestire campioni. Questa era una cosa  che andava costruita dal basso cercando di iniettare sangue fresco in una squadra che tanto fresca non era più, trovando il giusto mix di giovani e campioni e costituire un’identità di gioco diversa. Alla gente alla fine per far godere lo spettacolo devi anche dare un gioco godibile, e questo gioco potrebbe essere sostituito soltanto con la possibilità reale e concreta di vincere qualcosa a stretto giro di posta. Non avendo questo tipo di possibilità e impianto da poter realizzare, è evidente che si ceracava di costruire qualcosa che fosse in qualche modo attraente, se non dal punto di vista del risultato, perchè magari ti mancano ancora tutti i giocatori sufficenti per poter garantire quel tipo di risultato, intanto potevamo avere giocatori che rendessero attraente questo tipo di gioco, che potesse essere un gioco offensivo dove ci fosse un’identità ben definita, sulla quale poi fare i dovuti e nel tempo doverosi innesti, per poterla rendere non solo bellina ma anche vincente “.

Capello ha detto che non tornerà ad allenare in Italia. Lei ci crede?
“Credo sia vero. Ne abbiamo discusso diverse volte. Ha avuto molte proposte, anche non tantissime tempo fa, ma averle rifiutate mi convince che sia così. Poi nel calcio mai dire mai come diceva Luis Enrique l’altro giorno in conferenza stampa e fu scambiata per una cosa che era un passo dalle dimissioni. Ma evidentemente era un’arrendersi alle evidenze della vita, quando ti propongono cose irresistibili. Qualche tempo fa mai avrei detto che sarei tornato alla Roma o in Italia. Poi quando me lo hanno chiesto ho detto si senza neanche pensarci”.

Cosa le ha dato l’esperienza in Inghilterra dal punto di vista professionale e umano?
“E’ andata bene! (ride, ndr). E’ andata talmente bene da chiedermi perchè avrei dovuto lasciare per tornare qui dove le cose sono un tantino più complicate. Ma tanta è in certe occasioni la sofferenza nel dover ascoltare per lavoro tante cose dette, nel migliore dei casi in mala fede, se poi non ti vogliono offendere personalmente, tanta era la sofferenza che in cambio di tutto questo, se dovesse mai esserci un po di gioia sarebbe altrettanto grande. Questo è un posto dove può essere tutto brutto brutto o bello bello. Da altre parti, quello a cui forse sto cercando di darmi la spiegazione del “chi me lo ha fatto fare“,  il livello di emozioni che puoi provare è un pochino più livellato, non c’è il baratro e neanche l’apice della montagna. Qui può essere brutto brutto o bello bello, che poi si può anche dire bello bello o brutto brutto.”

Lei ha detto che nella sua esperienza inglese riusciva a ritagliarsi dei momenti anche extra calcistici. Roma ti assorbe completamente. Non pensa ad altro giorno e notte?
“Roma ti devasta. Quando ti potresti ritagliare qualche momento di vita, che poi…un’ora: una cena o dopo cena, un teatro o una cosa così, poi ci pensano i nostri ragazzi dell’ufficio stampa a recapitarti notizie di ogni tipo. Parlavo del lavoro nella Federazione, che chiaramente non essendoci un impegno settimanale di partite da giocare, con qualche ora in ufficio la mattina per organizzare e vedere cosa stanno facendo l’Under 17, piuttosto che la 19 o la 20 o la 21, qualche riunione con gli allenatori, organizzare gli scout per il week end successivo, durante la giornata avevo un sacco di tempo libero che a Londra trovi bene come utilizzare”.

Shakespeare lo cito io questa volta: “Presta il tuo orecchio a tutti e la tua voce a pochi”. Lei ha prestato orecchio durante l’assenza?
“Le ultime due citazioni le ho clamorosamente toppate: ho detto che era di Fiorella Mannoia una canzone dei Negrita e ho attribuito ad Archimede una citazione di Galileo, quindi ho fatto un disastro. Faccio ammenda e non ne faccio più. L’ho fatto ma non me lo hanno più reso. Quindi sono rimasto, colpevolmente, troppo solo a certe cose che avrei dovuto considerare in un altro modo. Ognuno di noi alla fine si lamenta delle critiche, che fanno male. Diciamoci la verità: molti riescono benissimo a gestire gli elogi, perchè uno sa che non ci deve far conto più di tanto e li mette da parte e riesce a farlo e lo fa bene, perchè alla fine non riescono a farti compagnia più di tanto. Le critiche invece uno fa finta di metterle via ma restano li. Ma sono il temrine di confronto con cui ti devi valutare, perchè fra le tante critiche quando riconosci che vengono portarte con onestà intellettuale, poi da qualsiasi parte arrivino o di che natura siano non fa differenza,  in realtà ti servono come termine di confronto per misurare quelle cose che pensavi di aver fatto bene e invece ti accorgi che sotto un altro punto di vista hai sbagliato. Hanno un’utilità, è che si portano male. Comunque sono sempre un bel fardello, ma non ne disconosco utilità e valore, assolutamente”

Come ha ritrovato il calcio italiano?
“Non ne ho ancora la visione completa. Sono appena rientrato, sono due mesi, non ho ancora partecipato a riunioni di Lega e mi appresterò a farlo già dalla prossima. Ho una vita più di club per ora che di calcio italiano in genere. Finora ad esempio negli stadi in cui siamo andati a giocare, la Roma è accolta bene devo dire e noi dirigenti ne godiamo di conseguenza. Negli stadi abbiamo notato un comportamento molto civile da parte delle altre squadre e magari questo invece è un passo avanti fatto dal calcio italiano e magari io non l’ho individuato come tale, ma come un trattamento particolare verso la Roma, questa Roma che magari ancora non fa abbastanza paura e per questo è accolta ocn simpatia (ride, ndr)”.

Il tavolo della pace?
“E’ proprio il concetto che le cose bisogna farle piuttosto che dirle, non propagandarle”.

Gli inglesi quando piove escono…
“E’ un adattamento alle condizioni. Anche perchè altrimenti stavano sempre a casa. Di conseguenza, se l’uomo si adatta sarà contagioso verso gli altri. Non bisogna fare proclami. Bisogna agire”.

Cosa ha provato quando è scomparso Franco Sensi?
“Ho preso un aereo e sono venuto a trovare la salma. Quello che ho fatto da dirigente è stata una sua completa invenzione. Sono diventato agente quando ho smesso di giocare a calcio, ma non pensavo mai di fare il dirigente. Già avevo fatto il rappresentante sindacale di tutte le squadre dove giocavo. Piano piano, giorno dopo giorno, dopo che avevo portato Paulo Sergio, mi ha coinvolto nella sua progettualità per vincere lo scudetto. Quando mi sono trovato a seguire 4-5-6 trattative, mi sono fatto prigioniero da me. Franco Sensi e io abbiamo fatto delle cose meravigliose”.

Non le piace l’argomento Calciopoli?
“Non è che non mi piace stravincere, ma non si può nemmeno vincere in questi argomenti. E’ un argomento che rimane confinato a quelle aule”.

Questa filosofia di fare e parlare un po’ meno, è una strategia americana?
“Era uno dei presupposti che mi ha fatto pensare di accettare o meno. Di diverso rispetto a quella che era la concezione comune. Questo tipo di gestione lo sta confermando”.

Nel Cda della Roma ora sarà più presente Pallotta?
“Ci è sempre stato, è una cosa programmatica che sarebbe avvenuta nei tempi stabiliti. E’ un naturale svolgimento dei temi iniziali. Non c’è mai stato nemmeno la più lontanissima ipotesi che DiBenedetto non andasse bene. DiBenedetto è stato il collante tra i vari soci. DiBenedetto è il presidente della Roma, poi quando la cosa avrebbe preso corpo si sarebbero palesati gli altri soci”.

Le sue parole nei confronti di Totti in estate?
“Se non c’è onestà intellettuale e se c’è malafede, le parole vengono confezionate in maniera diverse per renderle in un altro sapore. Io sono attratto dal talento di Totti, sono andato a cena tre volte con Cassano e dopo l’ho comprato lo stesso”.

Come ha trovato De Rossi?
“L’ho trovato con una personalità ben definita. L’ho lasciato ragazzino e l’ho trovato uomo”.

Dove colloca Daniele?
“Gerrard è fantastico, Lampard altrettanto, ma io sono attratto da Rooney. Io ho questa debolezza verso il talento. Sono attratto dal talento e dalla padronanza tecnica, non sono critico nei loro confronti. Continuo a preferire questo tipo di giocatori. Detto questo Daniele è difficile dire chi è superiore, ma lui passa in maniera disinvolta da mezz’ala a interno di destra fino alla difesa. Ha qualcosa di più sotto questo punto di vista. Però è difficile dire chi è superiore”.

Potremmo esserci per il rinnovo?
“Mi avvalgo della facoltà di non rispondere”.

Nel 2012 cosa regalerà ai tifosi della Roma?
“Faremo delle cose…”.