Il divieto di espressione passa anche per gli stadi
Categorie FaceBookScritto da Paolo Nasutogiovedì, 1 Dicembre alle ore 03:16
Il week end calcistico è terminato da poco, sancendo risultati che iniziano a delineare i rapporti di forza del campionato. Ma non tutte le partite si esauriscono nei 90 minuti regolamentari di gioco.
Ci sono partite infatti che si combattono tra gli spalti, nelle aule di tribunale, tra le righe dei giornali. Battaglie portate avanti in nome di una fede incondizionata, di una passione, di un ideale, di un sogno. Battaglie che hanno fatto innamorare l’Italia calcistica dal cuore romantico, l’Italia dei bandieroni colorati e delle scritte d’amore. L’Italia delle coreografie grandi una curva intera, capaci di mozzare il fiato alla sola vista. L’altro lato del calcio, al di là del pallone e degli undici in campo. Il lato delle emozioni che trasformano uno sport in una questione di cuore.
Che fine hanno fatto queste emozioni?
Già in passato abbiamo avuto modo di trattare argomenti relativi alle rigorose e a volte eccessive quando non addirittura illegittime norme che prevedono restrizioni di ogni sorta per il tifoso che desidera recarsi allo stadio a seguire la sua squadra del cuore. Abbiamo infatti parlato della tessera del tifoso e di tutte le implicazioni del caso, per poi arrivare ad analizzare i presupposti, gli obiettivi, e l’utilizzo del daspo.
Oggi trattiamo di un altro aspetto legato alla vita di curva e reso oggetto di misure restrittive tornato di grande attualità nell’ultima settimana: le coreografie e tutti gli aspetti ad esse legati.
Se una volta infatti il calcio italiano era caratterizzato e ricordato anche per il colore, per le curve gremite, per i cori e il calore, tutto questo da qualche anno sta andando perso per sempre senza che venga mosso un dito per preservare quanto di più bello ci sia negli stadi.
Troppo spesso infatti vengono ghettizzate le curve in luoghi dove si consumano i più atroci reati, ma ci si dimentica con la stessa facilità che la curva per anni è stata anche luogo di espressione alta di sentimenti, passioni, amore e fantasia.
Quante volte è successo di aspettare un derby solo per la curiosità di vedere come si sarebbe vestito lo stadio per l’occasione? Quante volte un colpo d’occhio ha emozionato forse più di un gol all’ultimo minuto? E, viceversa, ci si sarebbe mai potuti immaginare un derby senza coreografie?
Sarebbe un po’ come vedere una bellissima scena d’amore in un film, togliendo l’audio in sottofondo. Inimmaginabile. Eppure, purtroppo, ora tristemente realtà.
La determinazione 14/2007 dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive ha stabilito infatti il divieto per le tifoserie di organizzare coreografie che non siano previamente autorizzate dalla Questura. Più precisamente la determinazione in questione recita quanto segue : “E’ fatto divieto introdurre in tutti gli impianti sportivi striscioni e qualsiasi altro materiale ad essi assimilabile, compreso quello per le coreografie, se non espressamente autorizzato. Sono altresì vietati i tamburi ed altri mezzi di diffusione sonora (es. megafono). Nel limite stabilito dalle società sportive, sarà possibile introdurre ed esporre striscioni contenenti scritte a sostegno della propria squadra per la gara in programma inoltrando, almeno 7 giorni prima dello svolgimento della gara, apposita istanza, anche mediante fax o e-mail, alla società che organizza l’incontro, indicando le proprie generalità complete.”
Insomma, si cerca di combattere la possibile commissione di reati a mezzo striscioni o cori disincentivando il tifoso dal fare quello che più gli appartiene dalla notte dei tempi: tifare. Un paradosso di difficile accettazione, e dalle conseguenze tristemente evidenti: stadi monocolore e, a volte, anonimi.
Il controllo previsto nei confronti delle coreografie, inoltre, si tratterebbe di un controllo piuttosto stretto figlio di un procedimento piuttosto complesso. Nella richiesta di autorizzazione, infatti, bisognerebbe indicare le dimensioni e il materiale utilizzato, il contenuto e la grafica compendiati in apposita documentazione fotografica, il settore, le modalità, i tempi di attuazione. A questo punto, previo parere delle Amministrazioni interessate, può essere concesso il nulla osta non oltre i 5 giorni precedenti la partita. Ma c’è un ulteriore limitazione: infatti precluderebbe l’autorizzazione alla coreografia l’appartenenza ad un gruppo che ne faccia richiesta di persone soggette a limitazioni di accesso agli impianti sportivi.
Gira e rigira, anche in questo caso sembrerebbe profilarsi un rischio di illegittimità costituzionale.
IL CASO – Il caso che ha portato alla ribalta l’argomento è stata la multa inflitta alla Curva Sud di Roma in seguito alla partita Roma – Lecce dello scorso 20 novembre.
Già, proprio in Roma – Lecce infatti la curva romanista aveva sfoderato uno spettacolo a cui non siamo più, purtroppo, abituati colorandosi dei colori sociali della propria squadra del cuore e urlando attraverso un semplice striscione: “Mai schiavi del risultato”. Una bellissima dichiarazione d’amore, dal sapore del passato, che ha fatto tornare indietro tutti di un po’ di anni.
Coreografia, però, non autorizzata. E così sono scattate le multe ai danni, però, solo di alcuni dei tifosi fermati all’ingresso mentre tentavano di introdurre ciascuno il proprio cartoncino con cui dare il via allo spettacolo.
Non si tratta di un errore di cronaca, è proprio così. La coreografia consisteva infatti in questo: un cartoncino a testa, messo insieme agli altri a mosaico. E la colpa, di conseguenza, è stata il possesso di un cartoncino. Alla pari di come potrebbe essere una colpa entrare in uno stadio con un foglio di carta.
Le assurdità delle leggi, a cui bisognerebbe applicare, a volte, un po’ di buon senso. Lo stesso buon senso richiesto da MyRoma, un progetto di azionariato popolare, secondo cui tutto ciò idoneo a dare colore e sostegno per la squadra, qualora non costituisse reato, non dovrebbe essere sanzionato. Proprio per questo motivo MyRoma ha offerto il sostegno legale necessario e gratuito ai ragazzi fermati domenica scorsa che ora rischiano un Daspo oltre alla multa di 172 euro.
Siamo dunque arrivati alla frontiera della nuova criminalità, quella dell’espressione libera di un sentimento all’interno di uno stadio in cui i delinquenti sono ragazze e ragazzi armati di cartoncini e passione. L’avvocato Lorenzo Contucci, che ha preso le difese di alcuni ragazzi multati e che già in passato ha preso posizione per la difesa dei diritti dei tifosi contro i soprusi attuati dai piani superiori, parla inoltre di multe mirate dichiarando che a Roma, fino ad ora, le sanzioni erano state prese solo nei confronti di chi aveva provato ad introdurre striscioni contro la tessera del tifoso. Strana fatalità?
Il controllo sociale su espressioni e pensieri sembra quindi essersi esteso dal web anche ad uno spazio fisico, quello dello stadio. Ma la partita non è destinata a finire qui: nell’attesa di vedere come si concluderanno i ricorsi dei tifosi multati, siamo sicuri che altri ragazzi e ragazze rivendicheranno il loro diritto alla libera espressione di un sentimento. E, se il reato è lo spettacolo di domenica scorsa, è il caso di dirlo: viene voglia di stare dalla parte dei “cattivi”.