Il Pallone si sgonfia ma noi possiamo fare qualcosa?
Categorie FaceBookScritto da Paolo Nasutomercoledì, 2 Novembre alle ore 02:55
Riceviamo e pubblichiamo, siamo praticamente d’accordo, solo 2 righe, se i biglietti più cari valgono per l’Inghilterra lo stesso discorso non si può fare per la Germania. A Roma siamo al record negativo di abbonati degli ultimi 20 anni ma come sappiamo bene oramai il calo senza sosta di spettatori vale per qualsiasi piazza, anche le più passionali, come Genova, Firenze, Roma per fare alcuni esempi
L’interessante articolo “Il pallone si sgonfia” ( LEGGI QUI )conferma due tendenze “mortali” per il nostro modo di intendere il calcio, e cioè il prevalere (per i club italiani) dei diritti televisivi fra le fonti di finanziamento e il progressivo svuotamento degli stadi. E attenzione, i due fenomeni non sono necessariamente legati fra di loro. Nella classifica delle prime 20 società europee per fatturato, i club spagnoli, inglesi e tedeschi hanno un perfetto mix di risorse: 1/3 dai biglietti, 1/3 dai diritti TV,1/3 dal marketing in senso lato, mentre i nostri 4 club presenti in classifica (Milan, Inter Juve, e Roma) dipendono per il 60% dai diritti televisivi. E non è per il fatto che all’estero i biglietti sono più cari (cosa peraltro vera): in Inghilterra e Germania gli stadi sono sempre pieni.
Ci sono molti altri dati sui quali riflettere (e a chi interessa approfondire consiglio la paginahttp://www.deloitte.com/view/it_IT/it/ufficiostampa/a93a3a6e2294e210VgnVCM2000001b56f00aRCRD.htm,) ma quelli riportati dall’articolo in questione sono già sufficienti per alcune considerazioni importanti. Andare allo stadio non è paragonabile a starsene in salotto davanti alla tv.
I preparativi scaramantici (compresa la scelta dei vestiti) della mattina, la porchetta o il caffè con gli amici di sempre, le vibrazioni crescenti dell’attesa, il colore dell’erba che nessun schermo ultrapiatto e in 3D potrà mai rendere, la gioia irrefrenabile di un goal con abbracci a sconosciuti e rotolamenti (misteriosamente senza conseguenze) giù per i gradoni, il tempo del recupero che non passa mai o vola in un soffio, son tutte sensazioni alle quali chi le ha provate non può rinunciare. Il problema e che ci si emoziona sempre meno, e soprattutto che chi queste sensazioni è chiamato a generarle e a salvaguardarle, cioè i nostri dirigenti calcistici a tutti i livelli, non ha ne l’interesse ne la capacità di farlo.
Tra l’altro riscuotere i diritti televisivi è più comodo e non richiede la fantasia e i rischi d’impresa necessari per trovare strade alternative. In un caso specifico c’è l’ennesimo evidente conflitto di interessi: come può preoccuparsi Galliani di riportare la gente negli stadi (per di più degli altri) quando il suo padrone vende le tessere Mediaset Premium? I quattro club sopra citati poi, che hanno anche il maggiore peso decisionale , per il fatto di operare in grandi metropoli risentono meno del calo di spettatori allo stadio.
E perciò chi se ne frega degli altri e chi se ne frega se lo spettacolo è mediocre? Perché un altro degli effetti collaterali del calcio “troppo televisivo” è anche questo: durante le cronache i superlativi e i toni enfatici si sprecano, e nel post partita il continuo bla-bla e la computer grafica ( con cerchi e frecce che fanno l’autopsia ad azioni e schemi) nascondono una “estetica delle partite del nostro campionato ormai scoraggiante. E come potrebbe essere altrimenti : lo direste voi “Venghino venghino signori e signore!Abbonatevi a Sky o Mediaset, spettacoli noiosi assicurati”?.
E infatti nessuno lo dice, salvo poi accorgersi del reale valore del nostro movimento calcistico quando siamo eliminati dalle competizioni europee per club o da un girone del mondiale con Nuova Zelanda, Paraguay e Slovacchia. Mancanza di entusiasmo dunque come uno dei motivi principali alla base del vuoto negli stadi. Mancanza di entusiasmo alla quale nessuno che ha il potere,vuol porre rimedio. Nel caso di Firenze poi la perdita di entusiasmo è dovuta anche a una proprietà talvolta arrogante, spesso freddina, , sempre permalosa e ad una dirigenza troppo aziendalista.
Ma se questa è la sconfortante realtà, mi sembra impossibile che un gruppo così numeroso e consapevole come il nostro, gli “indignati del calcio moderno” , non possa far niente per cambiarla. Ora mi rendo conto che le energie vanno eventualmente profuse nel tentativo di modificare il ben più importante quadro socio-politico, ma subire del tutto mi sembra troppo. Che fare? Proviamo a pensare a qualche proposta! Ma sin d’ora lasciatemi dire che una, piccola ma significativa, prima risposta sta in quel “ From father to son. Support your local football team”che campeggia sulla bellissima felpa di Dodicesimo uomo. Se ci facciamo vedere dai nostri figli, o in ogni caso dai più giovani, mente spippoliamo stravaccati su un divano , diamo loro l’idea che vedere la partita sia quello. Che forse, se ci limitiamo al “vederla”, è in parte anche vero. Ma viverla è davvero tutta un’altra cosa!