martedì, Maggio 14, 2024 Anno XXI


Dicono i bene informati, gli occhi di lince e quelli che hanno visto la partita aiutati dalle telecamere e dai replay, che il Signor Morganti di Ascoli Piceno e i suoi assistenti Stefani e Faverini abbiano bene arbitrato una partita difficile.Che c’erano il rigore di Cicinho su Nedved e i tanti fuori-gioco fischiati alla Roma con la bandierina alzata quasi per riflesso automatico e persino che fosse giusto invertire il fallo laterale sul quale la Juventus ha trovato il pareggio.
Se è così, dobbiamo complimentarci con la terna arbitrale e fare mea culpa per tutte le nefandezze di cui l’abbiamo accusata guardando questi episodi al Tempio, da quello spicchio che la sorte ci ha riservato in distinti nord.
Le menti fredde e imparziali, però, dovranno pur dire che il pareggio è stato immeritato e che il risultato sta stretto a noi e non a loro.
Che abbiamo buttato i primi due punti della stagione, che il campo ha consacrato la superiorità della Roma malgrado il risultato di pareggio e che solo l’ingordigia dei nostri sotto porta ha reso rilevante quella diffusa sensazione di ostilità della terna arbitrale che non manca mai quando si incontra la Juventus.
Con la Juventus, infatti, noi non ci possiamo permettere di vincere di misura e di lasciare il risultato in bilico, perché, altrimenti, ne usciamo regolarmente scornati.
Le stesse mente fredde e imparziali, guardando la classifica e i risultati degli altri, dovranno anche dire che questo passo falso, e passo falso è stato, è avvenuto nel momento i cui tutte le cosiddette pretendenti al titolo sono rimaste al palo e quindi in una giornata irrilevante per la classifica generale che ci vede ancora solitari in testa.
Insomma, potremo consolarci, come quando facevamo le scuole inferiori, di aver risolto, levandocela dai compiti a casa, una complicatissima “espressione”, ancor più antipatica perché era una di quelle, che ancora ricordiamo con odio e frustrazione, in cui il risultato finale è zero e che quindi lasciava una fastidiosa sensazione di fatica sprecata.
Insomma, fuor di metafora, che la Juventus ce la siamo levata dalle palle!
Perché, sinceramente, a me gli juventini non sono mancati per niente e quindi non sono affatto lieto di averli rincontrati.
Per me, tanto per cominciare, questa partita non si sarebbe dovuta giocare, non ancora.
Perché la Juventus è già in serie A solo grazie ad una giustizia sportiva codarda e bizantina inorridita alla possibilità di vederla in serie C e al gruppo di potere che ha rivoluto quanto prima possibile nella serie maggiore la vecchia signora dei senza patria.
Si, i senza patria, quelli che la tifano dai luoghi più lontani solo perché si vergognano di tifare le squadre di casa loro e preferiscono asservirsi alla squadra del padrone torinese disprezzata dai torinesi veri.
La squadra del Padrone per eccellenza e per antonomasia: il Villar Perosa del feudo di casa Agnelli elevato a compagine di rango nazionale.
Dite che esagero?
Forse.
Ma io vi domando, voi negli anni passati dov’eravate?
Credete davvero che una cavalcata trionfale in serie B senza alcuna penalizzazione economica (perché il foraggio non gli è mai mancato) sia sufficiente a riparare alle mille ingiustizie che si sono procurati in tutta la loro storia sportiva (che definire sportiva è un eufemismo) con la furberia, la corruzione e, quando non è bastato, persino con il doping?
Io con questa gente non sono ancora in condizione di fare pace.
Perché per me nello Sport come nella Storia non c’è pace senza giustizia!
Guardateli, gli juventini e ditemi un po’ se il loro atteggiamento in campo e sugli spalti (oggi vergognoso fino al punto da dover subitamente far sostituire gli stewards alla polizia) non è quello di sempre.
L’atteggiamento di chi rivendica ancora il diritto primigenio ad essere trattato con più riguardo degli altri.
I profeti del diritto all’ingiustizia a loro favore.
Forse negli episodi decisivi l’arbitraggio sarà stato pure ineccepibile. Dal mio punto di osservazione non posso giudicare. Ma l’atteggiamento servile quello no, non posso averlo notato solo io, perché è stato una caratteristica di tutta la partita ed è andato crescendo con il passare dei minuti.
“Buttaglie pure te la maglia!” m’è venuto di gridare all’arbitro mentre i giocatori juventini omaggiavano i loro sostenitori con quel gesto.
Una volta la chiamavano sudditanza psicologica e la sua esistenza è stata giudizialmente accertata.
Poi ci hanno voluto far credere che sostituendo quattro giacchette nere e mettendo due dirigenti meno compromessi tutto sia evaporato, anzi espiato creando una verginità che ha del miracoloso, se riferita ad una vecchia signora.
Che lo scappellotto del parroco sulla testolina del penitente abbia cancellato anni e anni di nefandezze bianconere.
No, a tutt’oggi nulla è cambiato, a parer mio, anche se si sono fatti un tantino più cauti.
“Il buon nome si fonda più sull’apparenza che sui fatti. Perciò se uno non è casto sia almeno cauto” dicono abbia affermato Baltasar Gracián y Morales, scrittore spagnolo che certamente deve essere uno degli autori preferiti dagli juventini del nuovo corso.
Allora portiamoci a casa questo pareggio come il migliore dei peggiori risultati possibili e guardiamo avanti.
C’è da misurarsi con la Fiorentina e di nuovo con l’Inter di Padron Moratti, quello che ha creduto per tutta l’estate scorsa che imitare lo stile juventino belle époque fosse un bel modo per consolidare il suo primato, ma che per fortuna non ha fatto i conti con l’insulsaggine della sua guida tecnica.
Vedremo col tempo se il dazio juventino l’abbiamo pagato solo noi, forse troppo prigionieri dei nostri fantasmi (si chiamassero Turone, Viola o l’ultimo arbitraggio di Racalbuto), oppure se è già tempo per il nuovo corso juventino di recuperare terreno e crediti verso i vecchi avversari, e allora non saremo i soli a patirne l’affrettato ritorno nella massima serie.
Noi, con loro, ci incontreremo nuovamente solo nel girone di ritorno.
Mettiamo sufficiente fieno in cascina per arrivare al nostro secondo appuntamento in campionato in condizione di non pagare pegno e di non dover alla fine recriminare come troppe volte è capitato in passato.
La Roma balla da sola, forse ancora troppo sulle punte, ma resta bella da impazzire.
Contro la Juventus ha fatto qualche errore di troppo, ma ha comunque giocato una gran partita.
Che ora si scatenino pure i sacerdoti a cantarne il de profundis.
Io ci credo ancora.
Forza Roma!