Categorie Il Redazionale Scritto da r. cdr lunedì, 10 Maggio alle ore 07:29
Negli ultimi anni, quando lo spicchio di tribuna tevere che confina con la curva nord è pieno, sta ad indicare che la Roma è chiamata ad un’impresa o deve ottenere una vittoria importantissima. E puntualmente non arriva. In sostanza ci sono circa 50mila fedelissimi che la Roma non la lasciano mai, nonostante le restrizioni e le difficoltà per accedere agli impianti sportivi; ecco quando quei 50mila vengono affiancati da tifosi che si scoprono romanisti solo perché arriva il Manchester o l’Arsenal, o perché magari stai lì lì per vincere lo scudetto (che puntualmente, salvo smentite dell’ultima ora – che ci auguriamo – non vinci) i cori sono meno possenti, la giocata che non riesce viene commentata da un mormorio di disapprovazione anziché da un applauso di incoraggiamento, e se il risultato non volge a favore dei gladiatori della capitale se ne vanno prima stile milano e torino. Il popolo romanista di questa gente non ne ha bisogno, e i 50mila di ieri che hanno sofferto a vedere la nostra Roma sulle gambe, ma chiamata a dare più di ciò che ha perché anche se c’è una minima speranza quella va coltivata, sono il cuore pulsante della squadra capitolina e l’anima di una compagine che non ha mai avuto nel potere economico o politico il suo status ordinario nel panorama calcistico di questa italietta da due soldi. In settimana il caso nazionale come sempre accade è stato Totti: il nostro capitano è riuscito persino a distogliere il presidente della Repubblica per un attimo dalla firma di importanti leggi e decreti, ma state tranquilli tutti, oggi ha già ripreso. Le considerazioni che facciamo è che se noi vogliamo che il capitano della Roma, come è sempre stato storicamente, sia romano e romanista, deve andare oltre il compitino del capitano in campo perché più anziano o più pacato come avviene nel resto delle squadre. E si tranquillizzi pure il bresciano Balotelli, noi non siamo razzisti, abbiamo avuto imperatori di colore quando tra Mediolanum e la “Colonia Civica Augusta Brixia” c’era una guarnigione sonnecchiante a vegliare sui valici alpini tra capre e trogloditi. E se non ci pensa l’arbitro ci pensano i nostri gladiatori, e il capitano su tutti. Vai capitano, sei e sei sempre stato il nostro orgoglio, il nostro vendicatore in campo, hai attratto l’odio dell’ascaro di ogniddove perché possono avere scudetti e coppe, campioni e trofei, ma non avranno mai un’identità, un senso di appartenenza che va oltre il risultato e che ci accomuna. Sei il nostro orgoglio tu e tutta la squadra di quest’anno, comunque vada domenica prossima, Sempre forza Roma e per chiudere questa chiacchierata tra amici un complimento sincero a Carlo Ancelotti, condottiero forgiato nella legione capitolina e trionfatore in terra d’Albione, Associazione Core de Roma |