Eclettico, poliedrico, possessore di molti talenti, amante dell’arte: Nerone, Imperatore della Dinastia Giulio-Claudia. Il più discusso e controverso, il più chiacchierato… Ma anche uno dei princeps più amati e ricordati di Roma, nonostante la storia gli sia contraria in ogni modo.
Nato nella bellissima Anzio nel 37′, con il nome di Lucio Domizio Enobarbo, era figlio di Agrippina e nipote di Caligola. A 12 anni, per volere della scaltra madre, divenne allievo del filosofo Lucio Anneo Seneca e dopo soli 4 anni, sempre per “opera” della intrigante Agrippina, diviene Imperatore. Si parla erroneamente e spesso di Nerone, in riferimento all’incendio di Roma e alla sua accusa verso i Cristiani. In realtà, questo giovane regnante alla sua investitura fu molto generoso con il popolo, donando sesterzi e frumento. Ma più che mai fu generoso verso se stesso, coltivando le arti e l’amore per le bellezze architettoniche, visive, musicali.
Il suoi senso del gusto era assolutamente eccentrico ed innovativo per l’epoca, ma nel contempo originale e brillante. Senza entrare nei particolari che portarono all’incendio dell’Urbe in quella notte di luglio del 64’e glissando anche sul perché, percome e per mano di chi, vogliamo disquisire del “che cosa nacque” da quelle ceneri “vive” per ben 9 giorni.
Nerone iniziò un’opera di ricostruzione grandiosa che diede vita alla Domus Aurea, “la casa dorata”, la più grande e magnificente dimora che un imperatore abbia mai posseduto. Con i suoi 250 ettari, abbracciava L’Esquilino, una parte del Celio e anche il Palatino.
La Domus Neroniana era stupefacente: un connubio perfetto d’arte ed architettura declinate nell’innovazione e nel gusto. Una poesia fatta di mattoni sposati e rivestiti con preziosi marmi, decantata in vari livelli traslati in esotici giardini, opulente stanze, boschetti rigogliosi e dolci laghi. Al di sotto di Colle Oppio, 300 stanze-capolavoro adibite per le feste organizzate da Nerone, che sopraintendeva personalmente i lavori degli architetti Celere e Severo.
Particolari, dettagli, niente sfuggiva alla sua voglia di metter mano anche nelle labirintiche planimetrie. Un gusto, il suo, formato certamente oltre che dall’indole anche dalla sua passione per i viaggi, che gli permisero di arricchire la sua cultura del bello. Ma il bello non gli bastava. Il princeps voleva anche strabiliare i suoi ospiti con giochi di luce e di geometria. Addirittura fece edificare sale da pranzo e ambienti, dove esedre, volte e anfratti creavano effetti coreografici sfruttando anche la luce del sole. Questa innovazione architettonica ispirò moltissimo il modo di edificare e di costruire futuro, tanto che si dice che il Pantheon trasse spunto proprio da alcuni elementi della Domus.
L’Imperatore organizzava sontuose feste e deliziava i suoi ospiti in vari modi.
In una delle sale da pranzo, la cupola ruotante, mossa attraverso un meccanismo manuale, si muoveva dando l’idea del cielo stellato e della volta celeste, lasciando strabiliati gli ospiti. E Lui, in questo “Olimpo” si muoveva vestendosi da Dio Apollo. Gli affreschi di Fabullo e i mosaici, non solo a terra ma anche sui muri e sui soffitti, contornavano il tutto. Pietre preziose ed originali disegni diedero vita al disegno “grottesco” ancora oggi ricordato e imitato.
Nel giugno del 68, a 31 anni, muore suicida e la Domus Aurea viene “smantellata”, svuotata, e sovrastata da altre strutture tra cui Le Terme Traianee e L’Anfiteatro Flavio. Nell’arco di otto lustri della favolosa dimora non rimase nulla, almeno non in superficie. Venne infatti riempita di sabbia, sabbia che la preservò e la conservò dall’umidità fino a che, nel XV secolo, un giovane cadde in un pertugio sul Colle Oppio e scoprì le “grotte”. Da quel giorno in un cui venne scoperta, artisti del calibro di Michelangelo, Raffaello e molti altri iniziarono a calarsi negli antichi locali per carpire tecniche e disegni; operazione questa che andò ad arricchire notevolmente l’estro rinascimentale. Il Vasari* riconosce, però, a Morto Da Feltre il merito totale d’aver riprodotto e studiato la pittura “grottesca”**, ed in particolar modo la pittura Romana.
Quanti tesori ed insegnamenti ha tramandato la Domus. L’estro neroniano, insieme al complice Tempo, ha fatto sì che Roma ancora una volta insegnasse ai popoli, dando esempio ed ispirazione.
E’ di queste ore la notizia del crollo di un’intera volta delle gallerie traianee, piegate oltre che dai secoli anche dalle infiltrazioni dovute alle piogge.
L’incuria dei secoli ha inginocchiato la struttura è vero… Ma niente, niente potrà mai sotterrare né regalare all’oblio la grandezza dell’Impero Romano, che è giunto a noi anche attraverso la testimonianza dell’estro di regnanti come Nerone. Qualche anno prima della sua morte Alberto Sordi andò in visita nella Domus Aurea (aperta in quel periodo). Mentre, con occhi alzati ai soffitti, ammirava i pregiati affreschi, si avvicinò una giornalista che, nell’atto di intervistarlo, gli chiese quali fossero le sue condizioni di salute, molto precarie in quel periodo: Sordi si girò verso di lei, con sguardo fermissimo e quasi sorpreso, e con quell’ironia che contraddistingue i romani la freddò dicendole “ Aò che voi? E bèccate ‘a Domus Aurea no?”.
In poche parole aveva racchiuso un concetto molto importante. Nulla, alla vista di quella bellezza, poteva avere importanza maggiore. Neanche un grande romano come lui. Nulla poteva distrarre dalla visione di un’opera così maestosa, scalfita e piegata dal tempo, ma mai disgiunta dalla sua gloria.