giovedì, Giugno 19, 2025 Anno XXI


Cotti dalla delusione cagliaritana siamo alla vigilia della gara dell’anno con il limite non trascurabile di un Capitano in meno.
Si ha un bel dire che senza Francesco quest’anno non abbiamo mai perso, l’avversario di domani fa paura e la mancanza del giocatore più importante della storia della Roma non è fattore trascurabile.
Speriamo che i suoi compagni diano quel quid in più per fare almeno una parte dell’impresa perché domani è partita da 180 minuti. Sull’onda dell’emozione e del fomento vorremmo però serenamente argomentare esprimendo le ragioni di quelli che non sono contentissimi di come stanno andando le cose.Il tifoso è per definizione viscerale e irragionevole, altrimenti farebbe il giornalista o l’opinionista, disquisirebbe di tattiche e di borsa, di plusvalenze e di opportunità. Pur avendone tutte le capacità, lasciamo questo mestiere ad altri che, non per soldi, ma per denaro, riescono con la loro professionalità a mantenere un sereno distacco.
Ci sono molti modi di essere tifoso.
Da quelli della “Roma non si discute si ama” a quelli che imbracciano le bandiere solo a risultato acquisito per andare a far casino a Testaccio.
Non apparteniamo ne all’una ne all’altra categoria.
C’è poi un’altra divisione.
Quella tra quelli che si ricordano la “Rometta” e quelli che invece sono cresciuti nei tempi assai più confortanti dell’era Sensi, che c’ha regalato anche stagioni con Mazzone e Bianchi, ma il cui bilancio complessivo è pieno molto più di luci che di ombre.Tolti di mezzo i pischelli, per i quali proviamo una certa invidia non fosse altro per questioni di età, possiamo confessare di averla vissuta l’età della Rometta, di non provarne nessuna nostalgia, ma di aver assistito anche al tempo che definì “magica” la Magica. La magia stava nelle imprese che la Nostra ci regalava nel confronto con le grandi, associati a rovesci inattesi che hanno marchiato a fuoco l’animus pugnandi lupino. In altri termini e fuor di metafora il problema è sempre lo stesso e cioè la mancanza sistematica del guizzo finale, del salto che ti fa raggiungere la meta, della Dea che, potendo scegliere, proprio perché bendata, sceglie sempre qualcun altro.
Il malcontento, ma sarebbe meglio definirla frustrazione, nasce proprio da questo.
Poi certo siamo orgogliosi del fatto di poter andare in giro a testa alta, mai mischiati con il malaffare interno ed esterno al calcio.
Siamo orgogliosi di una squadra pugnace che gioca e incanta.
Però, ed è in questo il paragone improprio, è inutile parlare di progetti o di bel giuoco, di bilanci in ordine o di prestazioni mirabolanti quanto inefficaci.
E’ la somma che fa il totale e il secondo, ahimè, non se lo ricorda mai nessuno (alemno che non sia un parente prossimo).Quello dei bilanci in ordine o delle plusvalenze è un mestiere, non ce ne voglia nessuno, che lasciamo volentieri a quei pipparoli che hanno sostituito il Monopoli con quei giochetti elettronici che in un istante ti trasformano in un Galliani virtuale, brutto come quello vero.
Se fossimo quelli “dell’importante è partecipare” non staremmo tutte le sante volte sugli spalti del Tempio con fois gras (il nostro) infarcito di frittate fredde e pizzette poliuretaniche. Staremmo piuttosto in mutande o in bicicletta a cercare di stirare le zampe offrendo il contatto impari a qualche macchina guidata dal rincoglionito di turno o alitando, con le pinne nel naso, utilizzando i nostri polmoni come filtri antiparticolato. De Coubertin, perdonate il francesismo, chi se lo incula.
Coltiviamo invece quella voglia malcelata di vincere qualche volta e ci incazziamo tanto di più quando intuiamo che basterebbe veramente poco per portare a casa quel risultato che ci riscatterebbe dalle nostre infinite delusioni in vite normali e anonime a cui spesso neanche l’ultimo tuffo è dato. Quelle vite da Charlie Brown che cerca, giocando a baseball, di rubare il piatto senza riuscirci mai.Questo è e non altro.Non ci incazziamo quindi perché Ferrari è una sega, perché forse neanche lo è, ci incazziamo perché chiacchiera da grande senza poi miracol mostrare (anzi).Non ci incazziamo con Aquilani perché tenta di fare Maradona, ci incazziamo perché in quel momento ha pensato a lui e non alla squadra e quindi, indirettamente, a noi.Questo poi non toglie che domani come mille volte prima e mille volte ancora nel futuro andremo a sostenere la Roma.Come i marinai genovesi però vorremo che fosse inserita la clausola nel contratto che prevede una lira in meno di salario ma il mugugno garantito.
Non ci sembra poi una gran richiesta e ci sembra un pò poco per essere bollati come nemici della Roma.
O no?
  Ad maiora