lunedì, Maggio 12, 2025 Anno XXI


Abbiamo atteso le fatidiche ventiquattro ore, è un po’ come contare fino a mille, per dire la nostra su questa tragedia personale di due ragazzini orfani e di una moglie vedova, di genitori inconsolabili e di amici afflitti.
Ieri sera, tornando a casa tardi, accendendo come di consueto la televisione, ci siamo immediatamente resi conto che qualcosa di grave era successo.
In video infatti le solite facce appese di contriti moralisti e di cattivi maestri, il solito cordoglio vani-eloquente (neologismo) di cronisti soddisfatti dispensatori di ferali notizie, condito con il giudizio di uno dei soliti tuttologi in servizio permanente effettivo. Insomma il solito beccamortismo post-tragedia.
Acceso il televideo e letto dell’omicidio abbiamo però immediatamente percepito il senso del limite oltrepassato semplicemente perché stavolta la vittima era per la prima volta un poliziotto. Non è un fatto da poco perché vedrete che nulla sarà più come prima.
Abituati a parlare con franchezza, consci del ruolo nella nostra piccola nicchia di comunicazione, abbiamo appreso a nostre spese in lunghi anni che in questo disgraziato paese i cittadini sono i cittadini e lo Stato è lo Stato, monadi isolate in mondi compresenti.
Non dovrebbe essere così, ma che venga qualcuno a smentirci, facendosi magari accompagnare dai parenti di Paparelli o di Antonio De Falchi, persone che allo stadio sono morte senza ne colpa ne peccato, e senza che la lezione sia servita a nessuno. Perché poi dopo sono morti altri e ancora e ancora.
Se colpito, come è successo ieri sera, lo Stato diventa cerbero inflessibile con qualsiasi cosa che non sia un potere forte.
E, di grazia, che potere forte potete immaginare siano i tifosi?
Perché vedete, al di la della inenarrabile tragedia, il fatto è semplice e c’entra poco con il calcio, anche se, per la responsabilità che gli compete, ovviamente non lo assolve.
Ieri sera a Catania è andata in onda una serata di insensata, criminale, ma usuale violenza metropolitana.
Le decine, le centinaia, di assaltatori della Polizia hanno lo stesso sfondo e il medesimo milieu dei “casseur” francesi, quelli che hanno messo a ferro e fuoco la periferia parigina, o di tutti quei fenomeni che ogni tanto fiammeggiano in Europa, qua e la, per facci ricordare che a duecentoventi anni dalla Rivoluzione Francese, a un centinaio di anni da quella bolscevica e ad una ventina dalla caduta del muro di Berlino, la società degli uguali rimane sempre una attuale quanto intrigante utopia.
Che cosa offre dunque il calcio e in che cosa si raccoglie la sua responsabilità.
Offre luoghi metafisici, metaluoghi (gli stadi), dove, e lo abbiamo detto centinaia di volte, la legge è sospesa a trecentosessanta gradi, dallo spaccio di sostanze stupefacenti, alla detenzione ed uso di materiali esplodenti alla più banale, ma per questo meno importante seiduesei.
E a quelli che questi luoghi non li frequentano, da parte di quelli che questi luoghi li frequentano solo quando c’è da fare passerella, sono state date in pasto leggi e norme assolutamente inique nella loro repressività quanto assolutamente inutili.
Il decreto Melandri e la legge Pisanu a che cosa sono serviti?
Ne vogliamo parlare?
Hanno generato da una parte l’allontanamento dei soggetti moderati e moderatori (le famiglie) e dall’altra una escalation parallela di provvedimenti di diffida a casaccio, innescando un meccanismo di sfida che più volte ha rischiato di trasformarsi in tragedia e che, dalli oggi e dalli domani, prima o poi la tragedia vera l’ha materializzata.
Stamattina un noto e apprezzato giornalista romano ha affermato dai microfoni di una radio che è necessario ora intervenire senza se e senza ma perché per salvare la questione “pallone” non potrà essere ammesso nessun distinguo.
E’ probabile che abbia ragione, però vorremmo anche sapere, superando la divisione tra cittadini e Stato di cui abbiamo sopra accennato, chi ha organizzato il servizio d’ordine che è stato così efficiente da far entrare i tifosi del Palermo allo stadio all’inizio del secondo tempo, perché anche quelle sono sospensioni ingiustificate di diritti individuali.
E per dimostrarci allineati e magari anche cerchiobottisti di maniera, diciamo subito che qualsiasi materiale esplodente e qualsiasi fumogeno deve essere bandito, dentro e fuori dallo stadio, sia per i tifosi che per la Polizia, che quando è costretta, sparge lacrimogeni nell’aere come fosse profumo di lavanda.
Tempo fa qualcuno disse “allora aboliamo il Capodanno!”
Forse non è necessario se Capodanno è il gioco pirotecnico della stellina che fa qualche favilla e tanta coreografia. Forse è obbligatorio se è la tazza del cesso che vola dal settimo piano e centra la macchina parcheggiata nella via, dove magari c’è pure qualcuno dentro.
Chi spara i bomboni all’Olimpico lo domandasse ai fotografi, gente che allo stadio lavora, e che magari contatta per avere le foto degli striscioni in curva, come sono contenti di schizzare dalle sedie con questi ordigni che gli scoppiano tra le chiappe a tradimento.
Sono gioiosi come pasque, tanto da ricordare nelle loro giornaliere preghiere, tutti i vostri antenati. Senza distinzioni di censo, sesso o religione.
Ma se si cerca una soluzione vera, essa può partire solo da un confronto serio e approfondito tra tutti gli attori che girano attorno al mondo del calcio. Invece ai “casseur” alla siciliana (ma vale per tutti in ogni latitudine) ci deve pensare lo Stato con misure dure a piacere.
E questo lo diciamo con tutta la bonomia di chi ha creato un sito e lo mantiene in nome di valori sportivi sani e difficilmente non condivisibili.
Leggi di sospensione delle libertà individuali, leggi speciali da Stato di Polizia, serviranno solo a legittimare qualche imbecille che si sentirà riconosciuto nel suo ruolo immaginario di “nemico dello Stato” e fotteranno tutti quelli che, come noi, senza ammiccamenti e senza ruffianerie di nessun tipo, continueranno a frequentare gli stadi (se si giocherà) con il rischio di perdere in un sol colpo, come si dice a Boston, “pezze e unguento”.
Se ci si crede veramente da noi, per esempio, si può ripartire.
Perché una garanzia la offriamo: siamo una delle poche componenti pulite del calcio.

Ad maiora

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