sabato, Giugno 28, 2025 Anno XXI


 Giacomo Losi alla nostra cena in suo onore

da ilromanista.it

Quando quarant’anni fa, battei il record di Guido Masetti la cosa passò praticamente sotto silenzio. A ripensarci, la cosa sarebbe stata del tutto ignorata se un tifoso non avesse scritto una lettera al giornalista Cesare Lanza (il tifoso si chiamava Raoul Pesci, ndr). Ricordo che a Guido mi aveva presentato Angelino Cerretti, dicendomi: «Questo è stato un grandissimo portiere, il capitano della Roma dello scudetto». Ora sto per passare il testimone nelle mani di un altro capitano dello scudetto, e, lo dico subito, la cosa mi onora. Recentemente, per la realizzazione del documentario per gli 80 anni della Roma, ho fatto una visita a Trigoria. “Checco” mi chiama “Mister”, proprio come facevo io con Masetti, e la cosa mi fa un grande piacere, mi sembra una bella chiusura del cerchio. Proprio prima di girare, Totti si è avvicinato e mi ha detto: «Mister, quest’anno dovrei superarla nel numero di presenze in campionato con la maglia della Roma, quando verrà quel giorno, vorrei vederla in campo, al mio fianco». Che devo dirvi, cari tifosi e amici romanisti, ricevere un tale attestato di stima e di affetto dal “nostro” capitano, mi ha fatto un po’ commuovere. Mi ha fatto pensare una volta di più, che quello che ho seminato in tanti anni di militanza nella Roma non è stato dimenticato e che un campione del mondo sul campo, come Francesco, è anche campione del mondo nella vita di tutti i giorni.
Da parte mia posso solo dire che risponderei con entusiasmo ad una chiamata da parte della Roma per partecipare a questo momento così importante nella storia romanista. Nei minuti passati a Trigoria assieme a Picchio De Sisti, Santarini, Amadei, e a tanti altri grandi romanisti, ho ammirato con un pizzico d’invidia Il “Fulvio Bernardini”, un centro che lascia a bocca aperta. Per un attimo mi è venuta voglia di tornare a giocare, solo per avere la possibilità di allenarmi in una struttura del genere, che, noi, atleti degli Anni 50 e 60, imprigionati negli eterni pellegrinaggi fra il Tre Fontane e il campo della Romulea, potevamo solo sognare.
Tutto è cambiato da quei tempi in cui la Roma, sfortunatamente, non poteva contare su una simile organizzazione. A pensarci bene, però, dalla mia Roma a quella di Totti, oltre alla maglia, a garantire la continuità c’è Giorgio Rossi. Ricordo quando si affacciò in prima squadra nel ritiro di Campobasso del 1965. Faceva un caldo terribile, giocavamo su un campo in carbonella e quando tornavamo in albergo, spesso mancava anche l’acqua. Ad allenarci, allora, c’era quell’Oronzo Pugliese che Lino Banfi con il suo Oronzo Canà ha voluto omaggiare, Giorgio Rossi venne chiamato sotto la sua responsabilità tecnica per affiancare Angelino Cerretti, che cominciava ad avvertire il peso degli anni.
Tutte le volte che rivedo Giorgio al suo posto, con la consueta, impareggiabile, umanità e professionalità, mi porta indietro nel tempo. Ritrovare anche lui, sul prato dell’Olimpico per festeggiare tutti assieme il record di Totti sarebbe bellissimo. Non potrà che essere così in un frangente, in cui Francesco si sta avviando a cogliere un primato che sono certo lo riempirà d’orgoglio, come è giusto che sia. Del resto, a me resterà la cosa più importante, l’affetto dei tifosi, che ancora oggi, quotidianamente, mi esternano la loro simpatia e la loro gratitudine per quanto ho dato a questi colori. Mi rimane, poi, anche il soprannome di “Core de Roma”.
Questo nomignolo lo usò per la prima volta il mio amico Walter Chiari accogliendomi in una rubrica televisiva della RAI, “Oggetto misterioso” (inserita nel programma Telematch, che vide la luce nel 1957, ndr), che ospitava, in quella puntata, le prime squadre di Roma e Lazio alla vigilia del Derby. Ricordo che la scenografia prevedeva un muro su cui scorrevano le immagini di Rita Pavone che cantava “La partita di pallone” e una scritta: “W la Roma, w Losi Core de Roma”. E Walter, mi introdusse proprio così: «Ecco a voi Giacomo Losi, er core de Roma”. Il soprannome mi rimase attaccato come una seconda pelle, anche in virtù del famoso gol alla Sampdoria. Di quell’8 gennaio 1961 ricordo tutto: il dolore tremendo per lo strappo inguinale che mi procurai dopo un intervento su Brighenti, la voglia di stringere i denti, le parole del tecnico Foni negli spogliatoi: «Siete praticamente rimasti in nove, ma siete tutti dei campioni, di cosa avete paura?». E soprattutto, ricordo l’Olimpico che sembrava urlare dentro di me dopo il gol di testa che segnai da “zoppo”.
Ecco, mi piace pensare che Totti sarà per sempre il simbolo e la bandiera della Roma e che io continuerò ad essere Giacomino, “Er core de Roma”.

GIACOMO LOSI