venerdì, Maggio 02, 2025 Anno XXI


Conoscevamo talmente bene i nostri polli che sin da pochi minuti dalla fine della partita avevamo già previsto tutto. Perché vedete cari fratelli nel romanismo, non dobbiamo confondere la causa con l’effetto.
Francesco Totti non è la causa, egli è solo lo strumento che di quando in quando da ai soliti noti la possibilità di spolverare il repertorio di luoghi comuni triti e ritriti antiromani.
La vera causa è Roma.
Chi attacca il Capitano magari sarà anche invidioso del talento, della bellezza, dell’avvenenza della moglie, dei quattrini o del successo. Ma chi attacca il Capitano è fondamentalmente incazzato con Roma.
E questo lo dovrebbe capire anche il nostro mai troppo sinceramente amato Sindaco che tenta di gestire sempre le situazioni con un po’ di buonismo di maniera. Perché, ribadiamo, l’obiettivo principe non è Totti ma è Roma.
Ciò che lui fa di sbagliato, per il viceversa non è dato sapere, da sostanza politica al fastidio che molti provano per la Capitale e per la sua gente.
Nel resto d’Italia sono infatti molto incazzati che questa città cresca economicamente molto di più di realtà urbane del nord e che sia allineata, e in alcuni casi sopravanzi, città Europee dal nome altisonante come Parigi e Londra.
Mentre al nord e al sud si accoltellano a piacere, in questa megalopoli frenetica c’è posto ancora per l’accoglienza, per la tolleranza, per le ragioni del diverso.
Non sono certo tutte rose e fiori ma qua non c’è nessuno che delinque e addita il diverso. Non è nel nostro costume.
E dunque come si permette questo popolo di caciaroni, di fancazzisti, di bori e di coatti, di cui Totti è l’icona nell’immaginario dell’italico medio, di avere tanta fortuna rispetto al resto del paese?
Perché vedete, la classe dirigente della “Roma Ladrona” di bossiana memoria è di fatto importata. Si ha un bel daffare a dimostrare che il problema e Roma quando al governo ci saranno meno di una manella di Romani. E allora?
Lungi da noi il volerla buttare in caciara con sociologia e politologia d’accatto.
Ieri ed oggi abbiamo letto i giornali e cercato di raccogliere le opinioni dalle varie rassegne e ci siamo accorti che quello che è successo a Livorno domenica era solo il tanto atteso sparo dello start. Ma da gente come Beccantini e compagnia, onestamente, cosa si può pretendere?
Da parte di pochissimi infatti c’è stato un minimo di analisi di tutto quello che era successo durante la gara. E Totti, a volerla dire tutta, anche troppo ha sopportato.
Galante l’ha bastonato dall’inizio chiedendogli sistematicamente scusa, e non c’è cosa che fa imbestialire di più.
Meglio un figlio di mignotta vero che un pusillanime da quattro soldi.
Gli ha chiesto scusa quando gli ha “dolcemente” passeggiato con lo scarpino sulle chiappe, gli ha chiesto scusa quando gli ha rifilato un calcione sulla caviglia infortunata, infine gli ha chiesto scusa quando è partito con due metri di anticipo per mollargli una gomitata in faccia e l’ha invece colpito sul collo. Per quello che si è beccato l’appellativo di “bastardo” che noi sottoscriviamo in pieno.
Anzi, se fossimo stati Checco, gli avremmo volentieri mollato pure una cinquina.
Ma il professionista queste cose non le deve fare!
Come è nelle regole del gioco che faccia imbufalire una tutela eccessiva e non richiesta da parte di Vito Scala.
Se siete di questo partito, quello del Totti da condannare, state bene così.
E’ legittimo infatti il tafazzismo, anche se letto in chiave giallorossa, ma per onestà intellettuale, tra una bottigliata e l’altra sull’apparato, recuperate le statistiche dell’anno scorso del numero di falli subiti. Francesco Totti, pur avendo saltato molte partite, ha subito esattamente il doppio dei falli del secondo in classifica…Sono cose che fanno riflettere e che anche agli arbitri dovrebbero dire qualcosa.
Ed è per questo che in epoche passate e anche oggi invitiamo tutti quelli che hanno la Roma nel cuore, indipendentemente dal mestiere che fanno e dai loro ruoli più o meno istituzionali, a fare quadrato attorno al Capitano per un fatto molto semplice, se non ci pensiamo noi, non ci pensa nessuno. L’oggettività in questo paese non esiste.
E non devono esistere dubbi amletici se essere o non essere Francesco (eccezionale il pezzo di Daniele Lo Monaco sul suo blog nel sito de “Il Romanista” mentre non condividiamo il richiamo a Rossella Sensi del Direttore).
Noi siamo lui e lui è noi. Gli aventiniani non sono ammessi.
Perché non sono in palio l’immagine di un calciatore o le giornate di squalifica (una sola ad un Capitano significa coscienza molto sporca).
In verità la vera partita è sull’immagine della nostra città e sul suo millenario onore.

Ad maiora

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