da “Leggo”
Eriksson, come fu il suo approccio con la Roma? «Arrivai con tanto entusiasmo, ma all’inizio andava tutto storto. Non potevo andare in panchina perché all’epoca i tecnici stranieri non potevano allenare. Pensai di aver sbagliato a scegliere l’Italia».
È vero che lo spogliatoio la detestava? «Con Liedholm la squadra aveva certe abitudini, io ero più preciso, più noioso. E lo ero con campioni affermati come Pruzzo e Conti. Forse volevo cambiare troppo, ero troppo rigido, col senno di poi sarei stato diverso, mi sarei ammorbidito. Conti ad esempio, voleva più autonomia, io gli chiedevo troppo: non ho saputo sfruttare la sua fantasia. Chiudemmo al settimo posto».
Sembra la cronaca delle difficoltà di Luis Enrique. «So che è ambizioso come lo ero io. Ho visto qualche partita, mi piacciono le sue idee».
Viene accusato di eccessiva rigidità. Suggerimenti? «Roma è una città splendida ma pericolosa. Io dovetti cambiare alcune abitudini, come quella di non andare in ritiro prima delle partite. Al secondo anno finalmente era la mia Roma: da Pruzzo al giovane Giannini, tutti avevano capito cosa volevo. Bisogna avere solo un po’ di pazienza». Continua >>
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