da ilmessaggero.it
Comunque vada sarà Guberti. Il primo acquisto della nuova Roma, sia se parteciperà alla prossima edizione della Champions e anche se ne resterà fuori. L’esterno alto del Bari, a meno di sorprese che nel calcio non vanno mai escluse, arriverà a giugno a parametro zero dal Bari che, a gennaio, con 200 mila euro lo ha acquistato (per sei mesi) dall’Ascoli. Stefano, 24 anni compiuti il 6 novembre, è una delle rivelazioni del torneo di B: 4 reti in un mese e mezzo, l’ultima pesante a Pisa, lunedì sera.
La società giallorossa lo segue da due anni, in un testa a testa con la Fiorentina. Lo avrebbe potuto già prendere l’estate scorsa. Ma il prezzo, 6 milioni per un giocatore che dopo meno di un anno sarebbe stato libero, è stato ritenuto eccessivo.
Lunedì a Pisa, mezza serie A a seguirlo: gli osservatori di Fiorentina, Genoa, Torino, Cagliari e ovviamente Juventus. «Deciderò a fine stagione, perché voglio valutare bene la mia situazione. Io ho bisogno di giocare, per imparare. Ma al tempo stesso nella vita bisogna rischiare, come faccio in campo. Per capire se uno è pronto per giocare in grandi squadre», chiarisce Stefano. Che racconta la sua storia di ritardatario del calcio.
Sino a 15 anni, davvero niente pallone? «Giocavo per strada, con gli amici. O nella squadretta del mio paese, Villamassargia. Sono nato a San Donato, dove mia madre, sarda, si era trasferita per fare la radiologa. All’età di 3 anni e mezzo, ci siamo trasferiti in Sardegna. Credo che si senta… I miei vivono a Cagliari, papà è impiegato da ragionere, stesso diploma che ho io».
La passione per il calcio, allora, quando nasce? «C’è sempre stata. Ma il mio sport è stato inizialmente un altro: la pallamano, in C1 con l’Olimpia. Scelsero i miei genitori per me: dicevano che con il calcio si irrobustivano solo le gambe. Ero play. Ma vedevo la porta. Come oggi».
A quale età ha capito che sarebbe diventato calciatore? «Quando andai in serie D all’Alghero. Ma anche i primi passi sono stati decisivi, già quelli con la squadra di casa in terza categoria. Poi la prima con l’Assiminese e il campionato vinto per andare in promozione, la primavera della Torres. Dopo la D ad Alghero, a diciottanni, tornai alla Torres, in C1. Ero già grande e mi prese l’Ascoli».
Dove anche i club di serie A si sono presto accorti delle qualità tecniche e realizzative di Guberti. «Due anni e mezzo che mi sono serviti per migliorare. Adesso quest’esperienza. Non avrei mai lasciato il club bianconero, anche perché non mi piaceva andar via, sapendo che la squadra era in brutte acque. Non mi hanno trattato bene, dicevano che non ero concentrato perché in scadenza di contratto. Mi hanno messo in disparte. Con il nuovo club, invece, sono tornato a sentirmi giocatore».
Da quando gioca esterno alto a sinistra? «Da sempre. E’ il mio ruolo, non l’ho mai cambiato. Ho prvato a giocare anche a destra, in passato. Ci si può adattare. Ma il mio lato è l’altro».
Perché? «Io punto l’uomo e vado al tiro, magari entrando in area. Sono destro. Da sinistra mi riesce meglio».
A chi si è ispirato? «A Nedved. Parte da sinistra e va a concludere. Mi piace fare l’esterno, in Italia siamo pochi. Stravedo per Cristiano Ronaldo, ma so stare con i piedi per terra».
Sa, immaginiamo, della Roma… «So, ma è presto. Mi fa piacere, è un grande club. Totti, De Rossi, Vucinic e, vi assicuro, anche Menez. Sono convinto che il francese ancora non ha fatto vedere il suo valore».
Il suo gol più bello? «A Livorno. Stop in corsa per raccogliere il lancio, finta su Rosi per rientrare, destro a giro sul palo lontano».
Domani l’Italia di Lippi a casa Cassano. Che ne pensa? «Le scelte danno ragione a Lippi, il calcio vive di equilibri. Che Cassano sia un campione, si sa. Io sarò allo stadio a tifare per gli azzurri».
Che cosa fa nel tempo libero? «Volo in Sardegna. Dalla mia ragazza ad Alghero. O a Cagliari a vedere mio fratello Daniele, 12 anni: gioca da regista nelle giovanili del Cagliari».
Ugo Trani
|