da misterperoni.it
Tecnica, esperienza, passione. Quale di queste caratteristiche conta di più quando si siede sulla panchina della Roma? Un misto di queste tre e di molti altri ingredienti. Sono tante le peculiarità nella professione dell’allenatore, ma il “cappello” su tutte queste penso sia la personalità. La personalità infatti consente al tecnico di valorizzare tutte le altre caratteristiche di cui si è in possesso.
L’Italia è un Paese di cinquantasei milioni di allenatori. Durante la partita, quando il Mister fa una scelta, un cambio, avverte questo tipo di pressione? Più che pressione, sento molto la responsabilità di dover fare il massimo. Nel nostro Paese sono tantissimi gli appassionati che magari hanno passato davvero una vita allo stadio e che si sono formati una loro esperienza da spettatori. Questo si avverte. Poi, più si sale di livello e più crescono le aspettative: a quel punto le decisioni da prendere diventano ancora più importanti e determinanti.
Le è mai capitato nella sua carriera di allenatore di fare una scelta seguendo un consiglio appassionato e sensato di un tifoso? Io discuto di tutto e mi confronto con tutti, ma è chiaro che quando si arriva a certi livelli si hanno anche le idee molto chiare e questo tipo di “scambio” diventa più difficile. Però, nella mia carriera ho ricevuto molti buoni consigli. Quando fui esonerato, ad esempio, passai molto tempo a girare per i campi di allenamento degli amici allenatori, dai quali ho “rubato” parecchi segreti a livello di dinamiche lavorative e di gestione del gruppo.
Le caratteristiche di un buon mister. L’ho detto prima. L’allenatore deve rispondere a una serie di caratteristiche, che però devono essere esaltate dalla personalità dell’allenatore stesso.
Quanto contano in questo mestiere la passione e la credibilità dello spogliatoio? Per quanto mi riguarda lo spogliatoio è un luogo fondamentale. Da sempre cerco di instaurare con i miei giocatori un rapporto vero e diretto. Io con la squadra passo gran parte del mio tempo, siamo sempre assieme. Passione e credibilità sono dirette conseguenze di questo modo di vivere e di condividere le esperienze e un progetto comune.
La carriera di Spalletti: il percorso professionale, le sfide affrontate e quelle ancora da vivere… Carriera, percorso professionale sfide, sono in fin dei conti un susseguirsi di partite. Per questo motivo non riesco a individuare occasioni particolari, penso conti di più un giudizio e una valutazione più globale sul lavoro svolto. Non sono i successi di prestigio a fare la differenza, anche se fanno “cassa” dal punto di vista giornalistico. Valgono di più la cadenza e la frequenza di risultati e i comportamenti di un certo tipo.
La partita più importante della sua carriera. Stesso concetto di prima, le partite sono tutte importanti. E’ chiaro che sedersi in panchina al Santiago Bernabeu di Madrid fa un certo effetto, ma vi assicuro che anche quando mi sono salvato con l’Empoli dalla C2 contro l’Alessandria le sensazioni erano forti. Il discorso è che noi allenatori e i giocatori siamo i “portatori” della passione, dell’amore, delle speranze e delle aspettative di tanta gente. Tutte le volte che scendiamo in campo siamo l’emanazione dei sentimenti che arrivano dall’esterno, per questo è impossibile per me parlare di una partita in particolare.
Tempo di Europei, cosa si aspetta dal torneo e quali aspettative ha nei confronti dell’Italia? Credo che sarà un torneo difficile ed equilibrato. D’altro canto il dato stesso che ogni squadra nazionale ha in rosa 5 o 6 calciatori che giocano nei principali campionati continentali, Italia, Francia, Germania e Spagna, contribuisce a livellare verso l’alto la competitività dell’Europeo. L’Italia ha le carte in regola per far bene: è una squadra matura, esperta in situazioni di tale importanza, posso dire che la squadra di Donadoni ha sicuramente possibilità importanti.
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