venerdì, Aprile 26, 2024 Anno XXI


“Spesso al risentimento di un affronto segue l’armonia dell’accordo. Ed esse avrebbero avuto dei mariti tanto migliori in quanto ciascuno di par suo si sarebbe sforzato, facendo il proprio dovere, di supplire alla mancanza dei genitori e della patria. A tutto questo si aggiungevano poi le attenzioni dei mariti (i quali giustificavano la cosa con il trasporto della passione), attenzioni che sono l’arma più efficace nei confronti dell’indole femminile.”
(Tito Livio. Ab Urbe condita , lib. I, )

La fondazione di Roma ad opera di Romolo , è avvolta nelle foschie del tempo e del mistero. E’ un po’ storia un po’ leggenda la nascita dell’ etnia romana, che trova nel Ratto delle Sabine il suo episodio clou.
Non sappiamo dosare quanto ci sia di vero e quanto di leggendario, ma di certo possiamo “chiamare” a nostro supporto Tito Livio che narra i “fatti” mirabili nell’opera “Ab Urbe condita”*.
Livio ci racconta che Romolo consigliato dai senatori mandò ai popoli vicini, degli ambasciatori, a proporre alleanze e unioni attraverso matrimoni: lo scopo di Romolo era dettato dalla necessità di generare prole per popolare Roma, che annoverava solo presenze maschili. Ergo, inviò in pace i suoi messaggeri con la speranza di una positiva risposta dei Sabini. Questo popolo, stanziato all’epoca in quella che oggi è la provincia di Rieti, rimandò al mittente le proposte del figlio di Silvia, per svariati motivi, tra cui, la paura del crescente potere di Roma. A questo punto il giovane Re, decise di passare a metodi diversi da quelli del dialogo, anche perché urgeva assicurare continuità alla nuova città . Agendo con furbizia, Livio dicit, organizzò i Consualia**, per attirare i popoli vicini a visitare la nuova città e quindi attirare in essa le giovani donne in età da marito. Incuriosite, arrivarono diverse tribù*** dei dintorni tra cui i Curiti, sabini il cui Re era Tito Tazio, e qui, rimasero meravigliati dalla rapida edificazione della nuova città. Romolo, già abile nelle armi di distrazione di massa, diede inizio ai giochi e nel momento in cui le folle erano concentrate nello svago, al segnale pattuito i romani insorsero e, prendendole in braccio rapirono le giovani sabine e costrinsero alla fuga i padri ed i fratelli di queste ultime chiaramente terrorizzate. In realtà, bisogna far chiarezza su questo episodio che da molti viene definito erroneamente come uno stupro etnico: Romolo (che per se tenne Ersilia, figlia di Tazio) offri alle giovani fanciulle ogni diritto e ogni privilegio pari a quello dei mariti. Inoltre bisogna dire, che, tranne Ersilia già maritata, tutte le altre non erano donne sposate o madri di figli. A conferma della benevolenza di questo atto, violento per molti, c’è l’accaduto che seguì dopo un po di tempo. Tito Tazio tornò a Roma intenzionato a scatenare una guerra con lo scopo di riprendere le giovani donne e riportarle a casa. I sabini, aiutati da Tarpea (che tradì i romani e morì ) riuscirono a penetrare nella città, ma appena iniziata la bagarre lo scenario che si presentò agli occhi delle ormai spose e madri dei discendenti di Enea, fu davvero troppo per il loro cuore ed animo: gli uomini che ormai amavano, gli uomini che le avevano rese madri, e i loro padri stavano per scontrarsi in una sanguinosa battaglia di orgogli e di armi. A questo punto le “mater” si buttarono nella mischia contrapponendosi tra le due fazioni insieme ai loro piccoli bimbi frutto di un legame ormai accettato, consolidato e voluto. A questo punto per amor loro Tazio e Romolo deposero le armi e nacque così la diarchia****.
Il Ratto delle Sabine è stato nel corso dei secoli fonte di ispirazione per diversi scultori, e pittori in particolar modo: molti riprendono il momento del rapimento (il cui atto di prendere in braccio la sposa, per farle varcare l’uscio della porta è ancora in voga in molti paesi) altri il momento dove le donne si frappongono con i figli tra i litiganti. In queste opere è chiaro il paradosso; nel ratto di evince disperazione e terrore, mentre laddove è rappresentato il momento della battaglia tra Tazio e Romolo, si evince chiarissima la preoccupazione delle donne per i propri mariti. Tutto questo a sottolineare, che, come disse anche Tito Livio, non ci fu stupro.
Di tutte le leggende che gravitano intorno all’Urbe questa è senza dubbio una delle più belle.
Da questo episodio scaturì l’accordo tra etnie diverse, e da un’ ”aggressione” nacque la pace e la concordia dimostrando anche che “Roma” non era sanguinaria e prevaricatrice. Ma al di la di tutto questo, Romolo trovò il modo per dare al mondo gli uomini che avrebbero fatto la storia. Gli uomini che avrebbero lottato per una visione, oltre se stessi. Con quella forza, quello spirito, quella passione che ha sempre contraddistinto il popolo romano.

* Ad Urbe Condita – Opera di Tito Livio, in Annales, sulla Fondazione di Roma

** Consualia – Feste istituite da Romolo

*** Tribù – Antemnesi ( abitanti dell’attuale Monte Antenne),
Crustumesi (abitanti dell’attuale Monterotondo)
Ceninesi ( abitanti nelle zone dell’attuale Tivoli)

****Diarchia – Governo composto da due persone che esercitano egual potere esecutivo.