giovedì, Maggio 15, 2025 Anno XXI


Come il giacinto che i pastori pestano
per i monti, a terra il fiore purpureo
sanguina.

Saffo

Era il 4 giugno di 20 anni fa, quando Antonio De Falchi, 18 anni di Torre Maura decise di seguire la Magica a Milano, in una partita impossibile, il Milan stellare che vinceva e avrebbe vinto tutto contro la solita Roma stile quest’anno, ma lui andò ugualmente.

antonio_defalchiArrivò allo stadio e gli si avvicinarono per chiedere l’ora, o una sigaretta, come si usava in quegli anni di trasferte senza scorte per riconoscere i tifosi avversari dall’accento e scagliarsi contro.
Fu un attimo e una trentina di cani randagi gli saltò addosso massacrandolo di calci e pugni, il suo cuore non resse.
Ci fu clamore come sempre, trasmissioni televisive, titoli a 9 colonne, promesse mai mantenute; alcuni furono individuati, facevano parte del servizio d’ordine allo stadio del Milan, processati per poi come sempre in Italia arrivare ad una lieve condanna e tante assoluzioni per insufficenza di prove; gli avvocati difensori furono messi a disposizione dalla società rossonera, la famiglia De Falchi fu insultata e intimidita in tribunale.

Quella ferita per noi romanisti sanguina ancora, sono passati vent’anni e le lacrime amare che versammo non sono asciutte e forse per quelli della nostra generazione non si asciugheranno mai; risalgono, a cicli regolari, come quando pensiamo ad Agostino, oppure quando leggiamo gli striscioni di insulto che dieci giorni fa furono esposti allo stadio di Milano per infangare anche la memoria di Antonio.
Furono impuniti allora lo saranno oggi e per sempre.

Intanto nella piazzetta di Torre Maura nonostante gli anni trascorsi e le modifiche all’urbanistica, resiste ancora un cuore giallorosso dipinto in terra, scolorito dall’incedere del tempo e dal quotidiano che tutto centrifuga e abbandona al destino.

Ma per noi non è così.

Questa notte, sull’inferriata di fronte alla piazzetta, abbiamo voluto affiggere uno striscione che ricorda che Antonio è ancora tra noi, a incazzarsi per la sua Roma che promette e mai mantiene, che la sua gente non dimentica uno scricciolo schiacciato dall’infamità, e che passati vent’anni l’amore infinito per la sua Roma resta in noi e in quelli che verranno dopo noi.

Perché un popolo che non ha memoria è un popolo che non ha futuro

ANTONIO VIVE

Associazione Core de Roma
redazione@corederoma.it

Tanto pè cantà
Perché me sento un friccico ner core

Ciao Nino Roma tua non dimentica neanche te.