mercoledì, Maggio 14, 2025 Anno XXI


MILANO—«Ci vediamo al Nilla ». Un mantra, una rivelazione messianica. La frase che richiama alle armi, in definitiva un grande classico. Organizza tutto il Mathieu da Peschiera, pilone anomalo che non beve e non mangia il cotechino. Mezzo da nove, anzi da otto più una ragazza. «Butei, dobbiamo difenderla». Vedremo. Prima e seconda birra. Terza e quarta birra. A bordo e partenza, flatulenze al tastasal: sono le tre del pomeriggio, sarà lunghissima. Prima frenata e pioggia dorata senza tante ambiguità, trattasi di luppolo fermentato. E subito evacuato alla prima piazzola d’emergenza, mancano quattro ore al calcio d’inizio. Momento Autogrill dopo Brescia Ovest, facce conosciute, sciarpe dai colori noti. Si apre il baule e vengono fuori le lingue di suocera della panetteria del Cerry. Sguardi circospetti, la tensione si sente ma sono primi segnali di un’invasione. E’ quasi commovente come ci si possa sentire a casa in una qualsiasi area di servizio quando l’idiomaè quello, quando esperienze e parole si declinano in giallo e blu.

Come fai a non emozionarti? La vita è fatta di condivisione, comunità e appartenza. Senza tutto questo saresti l’unico uomo sulla faccia della terra, piazzato sul divano davanti al tuo plasma. Arrivano i primi sms di chi si aggira in quel di San Siro dalle prime ore del mattino, qualche sasso e sorrisi tirati nelle fotografie da cellulare. Secondo Autogrill, è la volta del Brembo. In terra bergamasca. Si alza il tasso di veronesizzazione dell’ambiente con due poliziotti che sorridono ascoltando l’umorismo nero dei butei. Freddo, nebbia e quattro ore da riempire non solo con additivi alcolici. Qualche coro contenuto, molta ironia e capelli bianchi di chi si ricorda che con l’Inter non si è mai vinto a Milano. I maialini di gomma vanno a ruba, in ogni mezzo ci sarà un genio intento a far grugnire il suino fino alla nausea di tutti. Barriera meneghina, arrivati per modo di dire visto che bisogna raggiungere via Antonio Gramsci 253. A Sesto San Giovanni. Davanti alla stazione una Verona in miniatura, prevale il colore nero e le giacche ben abbottonate. Macchine parcheggiate ovunque e ovunque lampaggianti. «Vi facciamo partire alle 18.40 con un convoglio diretto a Piazzale Lotto». Funzionari gentili ma tesi, non basterà il treno da 1.200 posti. E poi bisogna fare la strada a piedi fino al Meazza, adesso sale l’adrenalina. Scendendo le scale della metropolitana sale la voce. «Io credo, risorgerò!». Blasfemo, lugubre e liberatorio… sono le parole del ritorno al calcio che conta nello stadio che più mancava.

La folla è difficile da domare, da piegare ai voleri di un piano sicurezza che farà perdere almeno untempo della partita. Parte qualche fumogeno, la gente non perde la calma e il corteo ha inizio. Giro infinito, via Diomede, via Ippodromo e polizia in assetto anti sommossa. I cori che scaldano gole e animi si smorzano sempre più, pare un corteo funebre. Ci informano che attorno alle 20 un contingente di 400 supporter del Verona si stacca dal gruppo principale che era diretto allo stadio e all’altezza di piazzale Lotto ha iniziato una sassaiola all’indirizzo degli agenti schierati per scortarli. Dopo aver lanciato bottiglie, sassi e tutto ciò che hanno trovato sul loro percorso, c’è stata una carica della polizia che ha anche sparato alcuni lacrimogeni per disperdere i facinorosi. Gli scontri sono durati, a fasi alterne, circa mezz’ora, al termine della quale i tifosi si sono rimessi in marcia verso lo stadio. Alla fine, tre tifosi dell’Inter e un tifoso del Verona sono stati fermati e identificati dalla polizia. Passano i minuti e pochi ne mancano al via, chiaro che non si entra in tempo. La nebbia, pesante e avvolgente, nasconde tutto: finalmente lo stadio! Perlomeno così pare, non si sente niente. Zona di prefiltraggio saltata in pieno, steward nel panico e sorpresa agghiacciante: i cancelli sono chiusi. Non arriva nessuno, la gente rumoreggia, la polizia minimizza e tra la foschia naturale e quella dei fumogeni compare un manipolo di tifosi interisti. Scena da film, la celere carica, i veronesi finiscono contro le grate; pochi istanti che sembrano infiniti. Come per magia un paio di varchi vengono spalancati, una lingua di uomini (e parecchie donne) s’infila dappertutto e arriva ai piedi di una delle torri. Ultimo, infinito, sforzo elicoidale per arrivare fino al terzo anello. Ora le voci si sentono eccome, il cuore batte fortissimo, finalmente, finalmente, finalmente. Riflettori, verde del campo, spalti deserti e muraglia umana dietro le spalle. Benvenuti aVerona, benvenuti al Bentegodi.

Francesco Costantino

Per Corederoma
Paolo Nasuto